sabato 4 agosto 2007

Ho traslocato

Ho traslocato. D’ora in avanti troverete i miei post all’indirizzo http://jedredd.splinder.com. Addio mio vecchio blog, già mi manchi.

giovedì 2 agosto 2007

@ Soffio di Maggio

Nel suo commento al precedente post, Soffio di Maggio, mi pone questa domanda:

“MI spiace che tu abbia avuto una esperienza simile. Rivedendola con gli occhi di oggi, credi che affronteresti diversamente, con la consapevolezza odierna, una situazione simile, se (speriamo di no!) dovesse ripresentarsi?”

La risposta mi sembrava abbastanza interessante da meritarsi lo spazio di un post.

Cara SdM,
Si, una situazione simile, l’affronterei diversamente, sicuramente eviterei ogni forma di vittimismo a favore di un dialogo più sincero con chi verrebbe a trovarmi, la paura, la solitudine, beh, quelle due signore ci sarebbero ugualmente, ma avrei più mezzi per gestirle, farle defluire.
Queste sono le mie parole, da lontano è facile parlare, invece, una volta in mezzo, sono sicuro che soffrirei tanto, pur con tutto l’impegno, mi sarebbe impossibile il contrario, ormai è chiaro che per certi eventi non si è mai abbastanza preparati.
Spero che il fato sia soddisfatto di quanto ho già dato, sarebbe una bella botta ritrovarsi in quella situazione, in ogni modo, alzerei le spalle, mi farei forza, e cercherei in tutte le maniere di trasformare un evento traumatico in qualcosa di costruttivo, questo parlare mi riporta alla più bella frase, a mio giudizio, di Nietzsche, “ ciò che non ti distrugge, ti rende più forte”.
Certo, non è così facile, farsi forza, ma altrimenti cosa ci rimane, tormentare lo spirito, quando è già il corpo a soffrire? No, no, ho visto grandi mali sconfitti da un sorriso, l’anima è la miglior medicina, e l’abbiamo sempre a disposizione dentro di noi, per chi, naturalmente, sapendo star solo riesce ad entrarci facilmente in contatto, coltivandola, rinverdendola continuamente, riempiendola di nuovi fiori, estirpando le erbacce, ecc, come fosse un giardino segreto, un luogo sicuro dove rifugiarsi, ricaricare le pile e ripartire.

Un abbraccio

sabato 28 luglio 2007

La solitudine

Avevo sedici anni, subito dopo aver ritirato la moto dal meccanico, intenzionato a rimanere sulla sella fino alla nausea, mi dirigevo verso la piazza centrale, vidi un amico davanti a me, che col suo motorino, mi precedeva di poco, decisi di raggiungerlo, e tentai il sorpasso all’automobile che stava davanti a me. L’auto girò verso sinistra, mentre io ero al centro, urtandomi, schiacciò a terra, la moto, con sotto il mio corpo, finendo per rompermi le ossa di una gamba. Mi vidi dall’alto, disteso in terra, come in un fotoromanzo, per immagini, mentre la benzina si riversava addosso, poi cercando di mettermi dritta la gamba, che sembrava quella di un pupazzo. Ero solo, e non c’era nessuno con me, lì dentro, nel mio corpo, nella mia anima, con quel dolore, e la gamba era mia, di nessun altro. Cercai di infondermi coraggio, dicendomi, “Passerà, non aver paura”. Tenni duro, riuscì a rilassarmi, accettare tutto quello che mi accadeva, ma non durò a lungo. I giorni in ospedale, fermo nel letto, s’inseguirono uno dopo l’altro, cominciai a non sopportare l’assenza di qualcuno vicino, sopratutto nelle notti senza sonno, quando il dolore mi obbligava a stringere i denti, guardandomi attorno, in un silenzio, troppo grande, nonostante i lamenti di tutti i compagni di sventura.
Lo confesso: ho spesso recitato un ruolo, in quei giorni, mi lamentavo più del tanto, volevo ottenere tanta attenzione, per illudermi la notte che non ero solo, ma più mi comportavo così, più sentivo quella solitudine che tanto temevo. Mi lamentavo di quanto stavo male, ma il vero dolore era la paura, ed ero incapace di dire, “Pà, Mà, ho paura!”, no, non sono stato capace di comunicarlo, troppo uomo per ammetterlo, ma non ancora abbastanza da resistere a tutto quel tempo passato da solo con me stesso, un me diverso, sofferente, immobile, senza vie di fuga.
Ho sofferto, ma ho imparato qualcosa, la solitudine, quella negativa, nasce dall’incapacità a comunicare le nostre emozioni ad altre persone, quando con una maschera in faccia, mettiamo in gioco carte false, quelle di un altro noi, artificiale, costruito ad arte, magari, per paura di non piacere, quando è molto forte il timore di essere messi in discussione, perché stare con gli altri comporta un certo rischio, quello d’essere mal giudicati, interpretati, rifiutati, per le nostre idee, per l’opinione personale che abbiamo di noi stessi.
La verità è che riuscire a mettersi in relazione con gli altri è tanto importante, quanto saper star soli, anche quando la compagnia che ci sta vicina, ci disturba, indigna, con frasi, comportamenti, offensivi, ma sono proprio loro a darci l’idea precisa della nostra identità. E’ bello saper stare soli, prendere confidenza con noi stessi, essere in grado di ascoltare le nostre emozioni e di cogliere il senso delle esperienze che stiamo vivendo, infatti, anche la solitudine può rivelarsi costruttiva, quando è legata al gusto di riscoprirsi ogni giorno, e ci permette di comunicare con altre persone, perché chi conosce se stesso, non ha paura di nessun giudizio, ma bisogna ammettere che ricercare la solitudine per porsi al centro del mondo e autocompiacersi nel vittimismo, è una cosa stupida.

sabato 21 luglio 2007

Emozionarsi ad ogni età

Stavo ancora pensando a quell’arzillo vecchietto, di cui ho parlato nel precedente post, sinceramente, speravo che il suo Viagra fosse l’amore per lei. Si cresce, e crescendo si pensa, non sempre, ma qualche volta capita, che si diventerà vecchi. Troverò una compagnia, una donna che condividerà il mio viaggio su questa terra, e quando passeranno le stagioni, e saranno tanti i ricordi, sarà ancora tanta la fantasia, l'amore per noi stessi e per gli altri? Riusciremo a stupirci ancora, sorprenderci, emozionarci al contatto delle nostre mani? Avremo ancora tanta curiosità, voglia di conoscerci e di riscoprirci, e ritrovarci ogni volta al solito posto? Faremo delle pazzie? Litigheremo, per poi fare la pace? C’incontreremo nel letto, con gli sguardi, come la prima volta che c’incontrammo per strada? Spero di sì, ma non sarà facile. Credo sia soprattutto una questione di carattere, più che dell’età, da parte mia, magari tra alti e bassi, ma credo che riuscirò a vivere ogni età di coppia, se e quando accadrà, come un dono, con stupore.
Questo fiume silenzioso/ che mi porta più lontano, / non sarà percorso invano/ se tu partirai con me./
Se la notte si avvicina,/ io ti voglio avere sveglia; / sulla luce che ti abbaglia/ io ci metterò un foulard./ Ci sarò, quando vorrai chiamarmi/ io verrò e per addormentare te/ io ti potrò cantare quello che vorrai sentire./ Ci sarò, prima del temporale/ io verrò. Per ripararti sulla via/ io ti potrò coprire ed aspettare il sole che verrà; /non avremo freddo più.
(E. Ruggeri, Prima del temporale)

mercoledì 18 luglio 2007

Coccinelle in Via Malta

E’ un sabato mattina caldo, le temperature toccano i quaranta gradi, la gente in strada cammina velocemente, qualcuno entra dentro un bar per bere qualcosa e rinfrescarsi, l’afa è altissima, molte persone sono in giro per terminare le commissioni più importanti e tornare velocemente a piazzarsi davanti al climatizzatore di casa. Nella frequentatissima Via Malta, a mezzogiorno trova parcheggio un furgone, in pochi secondi i vetri si riempiono di giornali. Qualcuno pensa si tratti di campagna elettorale, i soliti politici sempre a cercar voti, altri se ne fregano. Si vedono delle ombre, dentro il furgone, muoversi in maniera sospetta. Gli ammortizzatori della povera vettura, cigolano. Nella casa vicino, una donna si accorge di questi strani rumori e si volta verso il suo povero marito, gettato sul divano, davanti ad un ventilatore.

“Caro, cosa sarà mai, tutto questo rumore?”- Gli chiede lei. Entrambi si affacciano. Lui, rintronato dal gran caldo, esclama, “Staranno girando il nuovo spot della Pegueot, e dentro ci saranno sicuramente le famose coccinelle, non ti preoccupare!”. “Quello è un vecchio furgone e non la 207”, risponde la donna, infastidita, “E tutta al più, lì dentro ci saranno due porci, e ora chiamo i carabinieri”.

Quando arrivano i carabinieri trovano un focoso signore di 71 anni, con i pantaloni calati fino ai piedi, ed una donna di 50, visibilmente imbarazzata.
Il terribile anzianotto abita dalle mie parti, nel giornale compaiono solo le sue iniziali, ma, per le Tom Ponzi di zona, basta e avanza per scoprire la vera identità, infatti, dopo qualche oretta tutti sanno di chi si tratta. La scoperta peggiore, il vero trauma, arriva il giorno dopo, purtroppo, non si tratta di una ricetta miracolosa della casalinga che infiamma il suo compagno, come i cioccolatini di Giuliette Binoche, in Chocolat, ma del ben più misero, e meno romantico, Viagra.
Mettiamoci l’anima in pace, ahimé, l’amore è chimica, come diceva il cinico Richard Fish, nel telefilm, Ally Mcbeal.

venerdì 13 luglio 2007

Papillon, fuga dallo studio, parte seconda, il goal

L’innamoramento mi portò a scrivere poesie, copiate spudoratamente da veri artisti. Mi ritrovai a sfogliare i testi scolastici alla ricerca di bei versi da cantare alla mia amata. “Povero sciocco”, me lo dico con molta tenerezza, ma allora lo ero, un cucciolo d’uomo ingenuo. La mia relazione finì, ma, continuai ad aprire quei libri che prima mi erano tanto antipatici, e senza accorgermene incominciai a prendere confidenza con la lettura.
Un giorno entrai in edicola, mi conquisto la copertina di un libro, era una raccolta di racconti di Hermann Hesse, lo acquistai e lessi in pochissimo tempo, gia pronto a prenderne un altro, sempre dello stesso autore, ma poi, invece, venne Steinbeck, Faulkner, Conrad, De Foe, Greene, Mann, poi a seguire, tanti, ma, tanti, altri autori, libri, quotidiani, riviste, ormai non mi fermavo più, era una droga, ma senza controindicazioni, leggevo e non avevo voglia di smettere.
Cresceva dentro di me, non la passione per i libri, ma il desiderio d’imparare, brama, sete che chiedeva ogni volta, “Ancora!”.
I miei amici mi fecero notare che potevo tentare di riprendere gli studi, avevo una buona cultura, c’erano tanti ragazzi diplomati, senza un briciolo di conoscenze, ed allora perché non provarci anch’io, si, ma un conto era leggere un libro che mi piaceva, un altro farlo con uno imposto da altri, ad ogni modo, decisi di provarci.
Preparai il biennio da autodidatta, agli esami andai talmente bene che la professoressa di lettere mi prese in disparte per convincermi ad iscrivermi in diurno per frequentare le sue lezioni. Era un bel complimento, ma avevo paura di non riuscire ad inserirmi, per non parlare delle tante lacune ereditate dagli anni disastrosi delle elementari e medie, ed alla fine, m’iscrissi.
A settembre, alla veneranda età di 25 anni, entrai nella classe terza di un istituto industriale ad indirizzo informatica, io, abituato ad essere autonomo, indipendente, circondato da persone che stimavo, mi ritrovai in una classe piena di ragazzi 15enni, schiamazzanti, dalle voci assurde, nuovamente guardai le finestre, questa volta ero al pianterreno, ma c’erano le grate, volevo scappare dalla porta, prima dell’arrivo del professore, ma rimasi.
Vacillai tantissime volte, quante volte ho pensato di mollare, ma continuavo lo stesso, e più trovavo difficoltà ancor meglio m’impegnavo, certo ero facilitato dalle letture che davano ai miei passi una marcia in più, ma senza tutta quella volontà di farcela non ci sarei mai riuscito.
Gli anni passarono, terza, quarta, fino all’ultimo anno. Per l'esame di maturità, come materie, scelsi Italiano, e Matematica, questa ultima per dare una mano ai miei compagni, non certo perché ero tanto bravo.
Gli scritti andarono benino, agli orali risultai l’ultimo a dover essere interrogato, e potei seguire tutte le interrogazioni degli altri miei compagni. Andarono malissimo, le cose che sentivo erano assurde, davanti ad una commissione esterna sempre più incredula e scocciata, tutti i trucchi per superare indenni gli anni, ed arrivare all’esame finale, crollarono miseramente, uno s’inventò la teoria della cozza, rigorosamente in dialetto, al posto del concetto dell’ostrica, per spiegare i Malavoglia di Verga, e quello non era il peggio che si poté sentire.
Ero solo, ad aspettare, perchè decisi di non seguire l’interrogazione di quello che mi precedeva e quando questo ultimo uscì, gli chiesi come mai stavano ridendo tanto lì dentro, e lui mi rispose placidamente, “Per le cazzate che stavo dicendo”, ed io pensai, “andiamo bene!”, ed ora era il mio turno.
Mi accorsi subito che qualcosa non andava, gli esterni mi guardavano come l’ultima fatica, da sbrigare velocemente, per dimenticare in fretta, una classe d’asini, la mia professoressa commissario interno, sembrava così piccola, stretta com’era nelle sue spalle, doveva esserci stata qualche discussione.
Per primo toccava all’italiano, mi fecero un cenno stanco e cominciai a parlare di un mio argomento a scelta.
Per anni mi ero rimproverato d’essere troppo dispersivo nelle letture, che preferivo farmi nascere nuove idee, invece di memorizzare quel che leggevo, non sapevo legarmi ad un solo argomento, invece, quella scimmia, che mi portavo, e porto ancora oggi, dentro, e che salta da pensiero in pensiero, come fosse su una liana, questa volta mi servì.
Iniziai a parlare, esporre. Si fecero poche domande, sembrava più un dialogo tra due appassionati di letteratura, gli altri insegnanti cominciarono ad interessarsi e si strinsero intorno a noi, aggiungendo i loro pareri, mentre al commissario esterno d’italiano, brillavano gli occhi, quasi le spiaceva smettere. Mi fecero tutti i complimenti meno il professore di matematica, che doveva interrogarmi dopo, lui mi disse, brutalmente, “Un tecnico deve sapere di tecnica”, tentai di dire qualcosa, ma non mi venne in mente nient'altro che, “Ho studiato”. Mi accorsi che in dieci minuti mi giocavo tre anni della mia vita, sacrifici e rospi ingoiati e mandati giù.
Ero in difficoltà, per la tensione, ma lui domandava, senza aspettare, chiedeva, incalzava sui miei tentennamenti. Era così diverso, il suo modo di interrogare, rispetto alla mia insegnante. Sentivo la stanchezza della notte in bianco, la paura di sbagliare, e perdere tutto. Mi facevo coraggio ripetendomi, “Hai studiato, hai studiato”. Mi fece nero, ma riuscì a rispondere alle sue domande anche se a fatica. Salutai e andai via.
Arrivò il giorno di andare a controllare i risultati, avevo paura, mi sembrava che potessi non avercela fatta, quella dannata ultima interrogazione, se solo fossi riuscito a rimanere lucido in quel momento.

Ecco i risultati, il mio nome. Scorro il dito, ed ecco la votazione. E' fatta, 48/60. Ho ottenuto il diploma, e col voto più alto della classe, senza essere un campione. Sono tornato a casa, ed ho dato la notizia a mia madre, poi a mio padre, ero contento, poi mi avvio a piedi verso casa di mio nonno, ricordando tutti i momenti, le tappe, fondamentali di quest’avventura, le sofferenze, le lotte contro la voglia di rinunciare, le paure. I miei passi, si facevano più lunghi, poi veloci, ed infine tutto si trasformò in una corsa a braccia aperte, e correvo come Tardelli al Bernabeu, dopo il gol nella finale contro la Germania, Spagna 1982. Il mio goal era questo. Correvo e godevo di gioia e di un pianto liberatorio, un’emozione troppo grande, per rimanere zitta, zitta, dentro di me.
Questa è la mia storia scolastica e di come arrivai al diploma, ho anche provato ad iscrivermi all’università ma non potevo più permettermi il lusso di non lavorare, così lasciai stare, ma questa è un'altra storia.

giovedì 12 luglio 2007

Papillon, fuga dallo studio, parte prima

Leggevo il post di Lory, parlava di quanta fatica ha fatto il figlio per diplomarsi giusto, giusto, afferrandosi con le unghie a quel pezzo di carta, e pensavo, “E' inutile, non c'è verso per far capire ad un ragazzo quanto sia importante avere un minimo di cultura”, poi mi sono ricordato di quanto ero refrattario allo studio a quell’età, altro che Jacopo, lui è stato un grande in confronto a me che ho dovuto aspettare di avere 28 anni per diplomarmi.
“Tranquilla Lory, mai disperare, il ragazzo si farà.”

Ecco la mia storia scolastica, divisa in due parti, per non appesantire il blog, vi racconto di come ho fatto parte, per lungo tempo, del club degli asini per scelta.

Il primo giorno di scuola fu traumatico, tutti i miei compagni piangevano perché la madre se n’era andata, io guardavo la finestra del secondo piano e rigirandomi a guardare la porta chiusa, capivo che ero in trappola, e quello mi dava veramente fastidio. Ero, entrato in quella scuola, sicuro che sarei saltato fuori alla prima distrazione della maestra, così come non mi avevano fermato le sbarre delle scuole materne, troppo basse e larghe, quelle si, che le saltavo, ma dal pianterreno, ed una volta in strada, tornavo a casa, lì invece, ero troppo in alto, per potermi buttare giù.
Anche se obbligato a rimanere dentro le scuole elementari, misi, nello studio, lo stesso entusiasmo del gatto, che si appresta a subire una bella doccia calda, sotto il rubinetto. Si, è capitato di ottenere dei bei voti, tutte quelle volte che un mal di testa, un raffreddore, mi faceva dimenticare dell’aria aperta, della bici, delle corse nei campi.
Tra la fine delle elementari e l’inizio delle medie, stava nascendo, dentro di me, confuso e acerbo, un nuovo interesse, che mi allontanava dai libri, quello per il grembiule bianco, improvvisamente il viso, i capelli, la voce delle mie compagne, non erano più gli stessi dell’anno precedente, ma, erano diventati veramente attraenti, ed anche se ci avrei scambiato piacevolmente un bel bacio, finivo sempre per tirar loro i capelli per scherzo, ( mai forte, per la verità ), non sapendo come cavarmela meglio dall’impaccio in cui mi ficcavo, quando cercavo di avvicinarmi per accarezzarle.
Alle medie, si era ammorbidito lo spirito avventuroso, ma non era sparita la scarsa voglia di aprire un libro, preferivo impegnarmi nel tennis, o nel calcio, e già allora avevo il piccolo sospetto che sarei finito come lucignolo o pinocchio, svegliandomi una mattina con due lunghe orecchie d’asino.
Alle superiori, scoprendo che anche le signorine erano attratte dal mio aspetto, cercavo le loro attenzioni ad ogni momento, entusiasta, perdendo tantissimo tempo appresso alle loro gonne, ed anche questo fu un altro duro colpo per lo studio.
Poi a sedici anni, lasciai gli studi, non per mia decisione, ma per un brutto incidente con la mia moto. Continuavo ad uscire e rientrare dall'ospedale, ambulatorio, poi, 8 mesi di gesso e tanti di fisioterapia, ho impiegato due anni per recuperarmi completamente, restando lontano dallo studio.
Provai a riscrivermi a scuola, sembravo ben intenzionato, ma, dietro l'angolo mi aspettava lei, la prima, l'unica e ultima, fino ad ora, donna a cui abbia detto, “Ti amo”, quante volte ho preso la direzione dell’istituto per poi andare ad aspettarla all’uscita del suo, quanto siamo sciocchi, noi uomini, quando siamo tanto innamorati da non accorgerci nemmeno se ci piove in testa. Abbandonai gli studi per mettermi a lavorare. Gli studi non finirono ma la relazione con lei si.

sabato 7 luglio 2007

Lazzaroni in libertà

Sto mettendo in ordine un po’ di merce, al lavoro, quando entra una cliente, è una signora anziana, molto affezionata a me. Sta parlando con mia madre, dice di non sentirsi tanto in forma e si lamenta del caldo, dei dolori alle ossa. Sento un diavoletto parlarmi ad un orecchio, ed anche se dovrei essere più maturo, io non sono mai stato farina per fare ostie, ed ascolto la vocina.
La mia cliente mi vede arrivare e riconoscendo nel mio sorriso le intenzioni di una tenera canaglia, chiede sorridendo:
“Che cosa hai intenzione di fare, lazzarone?”. Le prendo le mani e canto, “Here comes the sun,/ here comes the sun,/ and I say it's all right”. Lei risponde, Ma cosa stai dicendo?”. Ormai stiamo tutti sorridendo. Le metto un braccio intorno, per condurla, tengo la sua mano, e facciamo due passi di un improbabile ballo. “Little darling,/ it's been a long cold lonely winter/ Little darling, it feels like years since it's been here/ Here comes the sun, here comes the sun / and I say it's all right”. Sono riuscito a farla sorridere, mi abbraccia e tira la mia guancia con affetto.
Avete voglia di ballare? Oh, state pensando a me, no, lasciate stare, non so cantare e nemmeno ballare, beh, va bene, se proprio insistete, almeno ci facciamo due risate anche qui.


Here comes the sun: The Beatles
“Little darling, the smiles returning to the faces/ Little darling, it seems like years/ since it's been here/ Here comes the sun, here comes the sun/ and I say it's all right”.
“Little darling, I feel that ice is slowly melting/ Little darling, it seems like years/ since it's been clear/ Here comes the sun, here comes the sun,/ and I say it's all right/ It's all right”.

mercoledì 4 luglio 2007

paternità, atto secondo: un pensiero subdolo sta colorando l'anima mia

Ho visto due film in Dvd, negli ultimi giorni, non proprio freschi d’uscita.

Il primo film che ho visto s’intitola “
partnerperfetto.com”.
Trama:
Diane Lane è una quarantenne, maestra d’asilo, separata da otto mesi, un tempo troppo lungo, secondo la famiglia, per restare senza un uomo che la renda felice, l’idea è quella di trovarglielo attraverso Internet.
Giudizio: una boiata spaventosa. Una scena solo, mi sento di salvare, quella dove lei aspetta il genitore di un bambino che si è fatto del male al naso, compare dalla porta
Dermot Mulroney, ed il bambino gli va incontro gridandogli “papà”, prima di farsi prendere in braccio.

Si, anch’io voglio essere padre, vedere mio figlio che mi viene incontro, e sollevarlo, proteggerlo, accudirlo, sorridere con lui, vivere le incertezze e le paure di un genitore.

Il secondo film, molto più bellino del primo, s’intitola “
Holiday, L’amore non va in vacanza”.
Trama: Amanda vive a Los Angeles, una vita professionale piena di soddisfazioni nel campo del cinema, lusso sfrenato, tanto brava nel lavoro quanto incapace di lasciarsi andare nei sentimenti. Iris è una giornalista inglese, sola e confusa ma di buoni ideali, in perenne attesa del suo principe azzurro, idealizzato in un suo collega, che le spezza il cuore, quando scopre che si prepara a sposare un’altra. Le due donne, tramite un annuncio on line, decidono di scambiarsi l’abitazione per le vacanze, con simpatici contrattempi.
Giudizio: il film nel complesso è interessante, qualche battuta intelligente, un finale troppo happy end, che nemmeno la famiglia del mulino bianco ha mai saputo inventare. La prestazione d'
Eli Wallach, nel personaggio del vecchio sceneggiatore in pensione, è a dir poco eccezionale, vera perla del film. Ho trovato veramente poco credibile Jack Black, diventato, per questo film, un raffinato compositore, con vino e macchine di lusso, bon ton oltre ogni limite, dopo averlo visto tanto bene in school of rock. Divertente l'idea di far parlare l’inconscio della Diaz, attraverso trailer in stile cinematografico, proprio come quelli che la sua società realizza. Kate Winslet, senza infamia né lode. Jude Law, ( quanta strada avrei potuto fare se avessi avuto quegli occhi e la sua mimica facciale! ), insomma, bisogna ammettere che il suo lavoro lo sa fare. La miglior scena da salvare è quella dell’incontro della Diaz e di Law, quando lei va a trovarlo a casa sua, ma lui non è solo, non con una donna qualunque, ma con due piccole bambine che si voltano verso di lui a guardarlo e lo chiamano “papi”!

Noterete che sono alle prese con una piccola quanto complicata scoperta, ebbene, adesso so che non sono solo le donne, come ho sempre pensato, che ad una certa età sentono il bisogno di avere dei figli, ma anche gli uomini, ma non sto parlando di un uomo qualsiasi, ma proprio di me! NOOO, non sono pronto, non per un figlio ma per una donna. Se dovessi avere un figlio, dovrebbe esserci anche una donna ;-), una relazione solida, un progetto condiviso, idee simili, per crescerlo, e condividerne l’educazione, ma in questo periodo, non sono legato a nessuna, anzi ho anche bisogno di star solo per ricucire un paio di strappi che ho ai tessuti, ed allora, qualcuno mi può spiegare come fa a stare nel mio corpo questo istinto?

Ehi, dico a te, pensiero subdolo, seduttore dei miei stivali, tu, vai fuori del mio corpo, torna un’altra volta, no, non sto dicendo che non mi piace l’idea ma ora non posso, ti chiamo io, fidati.

Eppure che bel suono, la parola "
papà", e non lo so, ma ogni volta che lo sento, immagino un mio bambino/a, in braccio che mi chiama cosi, e mi viene una contentezza all’idea, sarà il ricordo del piacere che mi dava tenere il nipotino vicino. Sto sempre bene, quando sono con lui, sento di essere cresciuto, molto di più, in due anni da zio e padrino, come persona e come uomo, che in tanti altri a cercare chissà cosa.

domenica 1 luglio 2007

Al mare

Mi alzo tardi, la notte è stata tremenda, fra caldo, brutti sogni, e qualche pensiero storto, ultimamente ho frugato troppo dove non dovevo.
Preparo la roba, faccio una doccia veloce e mangio qualcosa al volo, finalmente parto.
Il sole è fortissimo, sono troppe le macchine che vanno verso il mare, mi preoccupano, non vorrei trovare troppo traffico, per questo parto sempre molto presto. Eccola li, la fila, ed è lunghissima. Ci sarà da stare fermi parecchie volte, tra prima e seconda marcia, per pochi metri avanti.
Sento caldo e sto sudando, sono da troppo in questa fila, mamma mia, quanto è lenta!
E’ da molto tempo che non accendo il climatizzatore, non mi piace usarlo, mi sembra di ricordare che funziona male, provo ad accenderlo, un poco di fresco non mi farà male.
Niente, non funziona, arriva solo caldo, provo a mandarlo al massimo, ma continua non succedere nulla, lo lascio ancora, magari ci vorrà un po’.
Quello è fumo. Quello che esce dalla mia macchina è fumo. No, non può essere. Cavolo, devo fermarmi. Sono fermo. Le altre macchine nella fila sono a pochi centimetri da me, piene di gente in festa. Digrigno i denti, impreco a bassa voce, mentre sistemo il triangolo.
L’olio è a posto, ma è rimasta poca acqua nel radiatore, possibile che è stata colpa del climatizzatore?
Il cellulare non trova campo. Sublime, direbbe Clint Eastwood.
Lascio raffreddare il motore, poi aggiungerò l’acqua e proverò a tornare indietro, ma ora non fa, è troppo caldo, per aprire il tappo dell’acqua.
Sono seduto sul paracarro e non aspetto Bartali, ma di versare l’acqua e ripartire.
Sento caldo, il sole è molto forte ed i motori delle auto, che mi passano vicino, peggiora la situazione. Tre ragazze su una golf, si fermano proprio di fronte a me, "abbiate pazienza tra un po’, ripartirete presto". Stanno ridendo e scherzando, proprio a mie spese, senza esagerare, con molta simpatia, sento una di loro proporre di prendermi in macchina, mi guardano e sorridono, sono anche carine, sarebbe anche un bel complimento, di solito mi fà piacere riceverne, ma non oggi, non è giornata, per non fare l’antipatico fingo di non accorgermi di nulla. La fila riparte, le ragazze salutano, rispondo con un modesto sorriso.
Arriva un messaggio da lei, non c’è mai stata cattiveria fra noi, ci sentiamo ancora, le nostre strade si sono separate, ormai è chiaro, ma solo da un certo punto di vista, la stima ed il rispetto, rimangono, ma qualcosa brucia ancora, ci credevo, e non facile accettare di non essere riusciti a farlo funzionare, eppure di tempo comincia passarne, non dovrei più pensarci.


“Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose/ si fa un po’ meno presto a convincersi che sia così… Forse ti ricordi/ ero roba tua”.

Ero roba tua, accidenti. Ero roba tua.
E’ ora di provare a mettere in moto la macchina. Dai, vediamo di ripartire, ma a chi lo sto dicendo alla macchina, o all’animaccia mia?!
Torno a casa.


“Maybe I didn't treat you quite as good as I should/ Maybe I didn't love you quite as often as I couldLittle things I should've said and done, I never took the time/ You were always on my mind/ You were always on my mind/ Maybe I didn't hold you all those lonely, lonely times/ And I guess I never told you, I'm so happy that you're mine/ If I made you feel second best, I'm so sorry, I was blind/ You were always on my mind/ You were always on my mind”.

venerdì 29 giugno 2007

Difesa magnetica, Scudo stellare, che manco goldrake...

Ho già scritto una volta che sono molto affezionato ad un blog, quello di Eli, mi divertiva il suo buon umore, che trapelava dai post, all’inizio sono andato a leggere quel che scriveva qualche volta, poi sempre più spesso, alla fine, ho voluto crearne uno mio.
Ora le gira un po’ male e me ne dispiace, Eli si lamenta perché sta notando che superati i trenta anni la possibilità, per una donna come lei, di trovare un uomo ancora libero, è ridottissima, le risponde Silvia, che rincara la dose, commentando che: anche se lo trovi questo a 30 anni suonati ha già delle calcificazioni dure a resistere, manco il viakal…” Poi lancia una provocazione… “che ne dite di un bel 25enne?”
Devo ammettere, con molta amarezza, che anch’io mi ritrovo con molti scudi, e punto un pò sul vivo, provo a rispondere.
Si, ci sono, gli uomini che descrive Silvia, ma con quelle caratteristiche esistono anche delle donne, poi, per come scrivono nei loro post, credo che, un venticinquenne non lo prenderebbero mai.
Fingo che mi stiano leggendo e le rivolgo una domanda: poniamo che la seduzione spetti al femminile, ed il corteggiamento, al maschile, bene, ci sta, ma non al 100%, perché non dovreste fare un passo, una mossa, anche voi donne?
Anna Oxa, ad un uomo sicuramente indurito dalla vita, cantava: "Non ci fermeranno le paludi o la neve, la tua capitale oramai s'intravede, giorno dopo giorno la tua vita cavalco... Sono il generale più crudele del fronte, non faccio prigionieri e la mia spada è lucente, terra dopo terra ogni tua fortezza io assalto...Non avere paura di me... anche il buio più fondo può valere un azzardo...quel brivido in più... che sei tu... e senza pietà... ti bagnerò le labbra con le labbra ti disseterò..."
Gianna Nannini, molto più dolcemente, gli direbbe: “Molti mari e fiumi attraverserò, dentro la tua terra mi ritroverai. Turbini e tempeste io cavalcerò, volerò tra i fulmini per averti. Meravigliosa creatura, sei sola al mondo, meravigliosa paura di averti accanto, Pendo dai tuoi sogni, veglio su di te.”
Perché no, perché non potrebbe essere anche così? Sicuramente molti stro**i, e figli di…, abbondano le strade, ma ci sono anche uomini validi, superare barriere, scudi, calcificazioni, per loro, è cosa così brutta?

mercoledì 27 giugno 2007

Paternità, atto primo

Ho tre sorelle, più piccole di me. Le due più giovani, anni fa, sono partite in Inghilterra a lavorare, dovevano starci qualche mese, ma i buoni lavori trovati le hanno convinte a restare.
Oltre tre anni fa R, la più piccola, è rimasta incinta, la gravidanza si faceva difficile, aveva, difficoltà a spiegare in inglese i suoi problemi, e poca gente disponibile a darle una mano, i ritmi di lavoro sono pazzeschi lì, allora, in accordo col suo ragazzo inglese, hanno deciso di stabilirsi in Italia, da noi, dalla sua famiglia, fino a superare il peggio, avevano 21 anni entrambi.
R ha passato una pessima gravidanza, le siamo stati tutti vicini, sopportando anche i suoi comprensibili, nervosismi, tranne il ragazzo, no, lui è scappato, schiacciato da troppa responsabilità, poca personalità, e dalla propria madre, cattiva consigliera, che lo cercava in continuazione, con apprensione, chiedendogli di tornare da lei, anche se questo avrebbe voluto dire abbandonare il neonato.
Mia sorella è rimasta in Italia, mentre il padre del piccolo correva via in Inghilterra per non farsi mai più vedere, allora, noi, per levarle un po’ di questo peso, ci siamo tutti impegnati, circondando lei, ed il nostro piccolo nipote, di tanto affetto.
Così mi sono ritrovato vice Padre di mio nipotino, diventato poi figlioccio.
La prima volta che me l’hanno dato in braccio, tremavo, era così piccolo ed io pensavo d’essere troppo maldestro, non mi fidavo di me, ma pian piano ho preso sempre più confidenza, ed alla fine, per i primi due anni, siamo cresciuti insieme, tra fiabe, Teletubbies, piccoli e grandi giochi, lui bambino, io come adulto dai tanti ruoli.
R, abituata a lavorare, era infelice qui in Italia, non riusciva a trovare un posto di lavoro, e così che è nata la sua decisione di ripartire, il bambino aveva compiuto due anni, era abbastanza grande, e senza possibilità di scelta li ho visti andar via.
Ormai è più di un anno che sono partiti, loro stanno bene, questa è sicuramente la cosa più importante, vengono, e continueranno a ritornare qui, spesso, spessissimo a dire il vero, ma non basta per non sentire la mancanza di mio nipotino.

Mi manca essere genitore, non lo ero, ma quel ruolo a cui ci prestavamo noi, tutta la famiglia, per compensare il vuoto lasciato dal padre, mi piaceva, nel bene e nel male, come quando lo rimproveravo, o con me entrava a fare i vaccini, dal pediatra, con la febbre, la gastroenterite, anch’io lo lavavo, cambiavo, coccolavo, disinfettavo i suoi graffi, e piangeva, stringendomi il cuore, ma lo rassicuravo senza mostrargli alcun’incertezza, non avevo molta grazia nel fare le cose, ma si addormentava nelle mie braccia.

Mi manca il suo naso, il modo di ridere, il suo profumo, le sue piccole scarpe vicino alle mie, le sue domande, l'entusiasmo, le sue parole, incerte come i suoi passi, le sue conquiste. Mi manca averlo in mezzo ai piedi ogni giorno, come quando tornavo dal lavoro e lo trovavo ad aspettarmi, per poi vederlo lanciarsi sopra di me, ed abbraccio dopo abbraccio, aggrappandosi alla mia roba, mi arrivava fino al petto e si stringeva alla mia faccia, indicandomi la cucina ed i piatti pronti.

Stanno bene, benissimo, mia sorellina ha ritrovato un po’ di serenità, anche da come mi parla al telefono capisco che è molto più serena, N ha molti amici, frequenta le scuole materne, ha la possibilità di uscire in molti posti diversi, zoo, parchi vari, ecc, che qui non abbiamo, chiede spesso dell’Italia, ma va bene, va bene così, e lo dico sinceramente convinto, non voglio che tornino, per vedere mia sorella dispiaciuta come quando stava qui, se lei è soddisfatta sta bene anche mio nipotino.

sabato 23 giugno 2007

Alla ricerca di ciò che non abbiamo mai perso ma che non riusciamo a trovare facilmente

Il precedente post ha prodotto dei commenti particolarmente interessanti che a mio giudizio meritano una migliore collocazione. Eccoli.

Laura Costantini ha detto...
Leggo che stai leggendo Il libro tibetano dei morti, poi leggo questo post su interesse, attenzione, concentrazione e mi pare di capire che stai intraprendendo un cammino di scoperta di te stesso. Non sono un'esperta, nessuno lo è salvo forse qualche monaco che pratica la levitazione in uno sperduto monastero dell'Himalaya, ma posso portarti la mia piccola esperienza. E' importante coltivare l'attenzione, e quindi l'interesse, per ciò che ci circonda, perché ogni piccola scoperta è un progresso nella conoscenza di se stessi. L'importante è andare al di là delle apparenze di coloro che incontriamo, delle cose che vogliamo scoprire, del nostro stesso modo di essere. Spesso i peggiori nemici di noi stessi, siamo noi. Noi che non concediamo sufficiente attenzione alla nostra parte più intima, ai messaggi che il nostro corpo ci invia. E per corpo intendo tutto, mente compresa, perché non ha senso distinguere. Il cervello è un organo senziente almeno quanto il nostro intestino. Tutto il nostro corpo ci contiene, ci comprende, ci parla e si arricchisce insieme a noi. E' un cammino difficile, Jedredd, ma ti porterà lontano.Laura

Jedredd ha detto...
Cara Laura questo tuo commento non ha nessun bisogno d’interventi, lo sento completo così, ci aggiungo qualcosa per puro piacere personale. Sono una persona con una sua ricerca personale, con un piccolo ma variegato mondo interiore e mi piace confrontarmi con persone in cerca, del proprio Graal, Se, Anima, ecc, quelle che a volte trovano qualcosa, ma è soltanto un indizio per una nuova ricerca, gente che ascolta, si confronta ad armi pari, mette in dubbio le sue certezze, condivide o disapprova, ma sempre con rispetto e dignità verso gli altri e, se stessi, che non usano la parola consiglio, ed al massimo sanno che con alcuni e meglio lasciar stare e non perdere tempo. Spero di potermi e confrontare ancora con te su questi temi.

Ilaria ha detto...
Anch'io sono in ricerca! Però penso anche che essere in ricerca non significhi non costruirsi comunque dei punti "fermi" (pur suscettibili ovviamente di revisioni e correzioni) se no si rischia di non costruire mai niente. Poi la mia ricerca avviene attraverso il mio immergermi negli altri e lo scambio che ne deriva; invece per altri la ricerca consiste in un ripiegamento quasi esclusivo su se stessi, cosa che io rifiuto. Giustissimo poi aver sottolineato l'importanza dell'interesse! Non ci avevo pensato ma hai proprio ragione: senza interesse e motivazione non si va da nessuna parte!

Jedredd ha detto...
Ad una buona ricerca sono necessari gli scambi, oltre ad essere piacevoli e stimolanti.Oggi mi sento un po’ nietzschiano e dico che la ricerca è una camminata su di una corda tesa, messa tra l’esterno e l’interno, d’ogni persona, sopra una rete di protezione, ereditata dal passato, che non porta fin nel profondo. Ogni passo verso dentro, per chi si cimenta in quest’avventura, avviene in seguito ad una nuova idea, amicizia, un nuovo pensiero, ecc, punti fermi, (suscettibili di revisione e correzione, sicuramente), che diventano corde nuove che s’intrecciano su quella su cui stiamo camminando, ed una dopo l’altra diventa una rete, all’inizio molto larga ma poi, via, via, sempre più fitta fino a quando, intreccio su intreccio, diventa un tessuto resistente, diventa la nostra personale rete di protezione, e più sarà grande, più cose riusciremo a portare da fuori verso dentro e viceversa, per non parlare del bene che può farci conoscerci intimamente.

mercoledì 20 giugno 2007

Interesse, attenzione

Flalia nel suo commento al precedente post mi fa riflettere sull’importanza dell’attenzione, qualità spesso trascurata, e mi chiede se sono d’accordo.

Accidenti! Si, sono d’accordo.

Mi permetto di aggiungere un’altra qualità importante, necessaria, precedente all’attenzione, ed è l’interesse.
Certamente se guardiamo qualcosa con attenzione, ne scopriamo i lati più nascosti che altrimenti ci sfuggirebbero, ma senza l’interesse non nasce l’attenzione. L'attenzione e/o la concentrazione, sono capacità fondamentali nella vita, ma l’interesse ci spinge ad osservare con attenzione, far nuovi pensieri, nuove idee, provare a trasformare il tutto in azione, ed in seguito alle conseguenze, ecco fatta l’esperienza.
E' piacevole sapere che sia l’interesse che l’attenzione, e la concentrazione, sono qualità che possono essere coltivate, migliorate, oppure, miseramente trascurate da chi si sente arrivato, o non ha la più pallida idea di cosa voglia dire migliorarsi.

Pensieri, idee, esperienza

Attraverso i nostri sensi percepiamo la realtà che ci circonda, queste percezioni s’imprimono nella nostra memoria sotto forma d’emozioni, sensazioni, passioni, paure, a seconda che si sta amando, odiando, desiderando, scappando.
Più avanti le nostre impressioni diventano idee, pensieri. Se percepisco, su una mano, il forte calore di una forchetta lasciata sul fuoco, sto provando una sensazione sgradevole, questa è una percezione viva diversa dal ricordo di quel dolore impresso nella memoria.
Ogni pensiero nasce da una serie di percezioni precedenti ed è per questo motivo che riusciamo a dire, sapere, conoscere, distinguere, quello che ci piace da ciò che ci da dolore.
L’esperienza è il nome con cui battezziamo i nostri errori, dice Oscar Wilde, ma è la stessa che ci permette di far crescere le nostre idee, perché è proprio quando proviamo dolore che s’imprime con maggior forza nella nostra coscienza la differenza tra bene e male, ed in questa maniera apprezziamo meglio il bene e fuggiamo dal male, anche se non è sempre possibile.

lunedì 18 giugno 2007

Nuovi eroi dalle news

Stati Uniti.
"Undicenne uccide un grosso cinghiale incontrato nel bosco. Il bambino ha affermato di essersi trovato in un film Horror quando davanti a lui è comparso il mostruoso animale, lungo più di tre metri e di un peso intorno ai 500 kg, il piccolo eroe, dopo avergli sparato ripetutamente, lo ha inseguito nel bosco per finirlo."
Quanto è stato coraggioso questo bambino sembra pensare il giornalista dalla sua notizia. Ma scusa?! Nessuno si metterebbe a sparare contro i ragazzi della nazionale di rugby soltanto perché sono un tantino più grandi del normale. Ma che male faceva?! Era entrato nell’abitato, sembrava aggressivo, si dirigeva verso il bambino minaccioso?! No, stava raccogliendo le sue amate ghiande cadute dagli alberi, nel suo bosco, senza rompere nessuno, era talmente inoffensivo che è pure scappato quando il moccioso lo ha ferito, cosa che gli animali selvatici non fanno, e gli è andata bene perché altri cinghiali lo avrebbero caricato. Credo che il vero film Horror sia quello di un bambino che gira per i boschi con un’enorme Smith & Wesson.

venerdì 15 giugno 2007

Storie d'amore




La storia di Laure Manaudou, si svolge in Europa, è molto simile alle belle favole di una volta, lei è una vent'enne pluricampionessa di nuoto, bella, bellissima, che s’innamora del nuotatore italiano Luca Marin e decide di vivere in Italia, per stare vicina al suo compagno.
In Francia invece si teme che la propria campionessa sposi il compagno italiano e vesta i colori della nazionale italiana e tentando di boicottarla, in uno sforzo congiunto tra le federazioni italiane e francesi, le impediscono di trovare tecnici a Verona, ma lei non si ferma è trova il modo di allenarsi a Torino.




La storia di Duha Khalid Aswad invece proviene dal medio oriente, lei è una ragazza curda di 17 anni che s’innamora di un coetaneo sunnita e per questo è stata lapidata a morte nel nord dell’Iraq. La relazione in famiglia aveva suscitato riprovazione e scandalo. I parenti decretarono la sua condanna per una fuga d'amore. Andarono a prelevarla da un leader yazidi presso il quale si rifugiava. A forza l’hanno trascinata in strada e l’hanno uccisa a colpi, calci, e finita con una grossa pietra. La sua esecuzione è stata filmata con un telefonino e il video diffuso su internet.

Mi fa una certa impressione vedere bandiere, simboli, mediorientali, addosso a ragazze/i che sfilano per i diritti umani per le nostre città europee, quando in quei paesi succedono barbarie simili. Giusto, giustissimo, protestare, chiedere un mondo sempre migliore, ma ritenersi un po’ più fortunati di altri non sarebbe male.

mercoledì 13 giugno 2007

Friedrich

Il vento si alza, spinge il mare velocemente verso riva e sugli scogli, dove s’infrangono le onde più alte, con fragorosi rumori. L’aria si riempie di schiuma d’acqua e sale, sulla scogliera sta un uomo immobile, incantato dallo spettacolo di una natura forte e inesorabile, che spaventa, ma affascina.
Uno spettacolo che è sempre piaciuto anche a me. Per ammirarne uno simile, mi capita spesso, durante l’inverno, di andare nelle spiagge vicine, a guardare la natura mostrare la sua forza selvaggia. Ci vuole molto rispetto ed il giusto timore, per riuscire ad apprezzare, ma è un piccolo prezzo per tanto piacere.
Quando ho visto per la prima volta il quadro di
Caspar David Friedrich, quello nel template a sinistra del blog, credevo si trattasse di un uomo su una scogliera davanti ad un mare in burrasca, atmosfera che a me piace tantissimo, solo più tardi, saputo del titolo del dipinto, ho capito che si trattava di un “Viandante sul mare di nebbia”, appunto, ma non per questo smise di piacermi, anzi lo trovai ancora più interessante.
Mi piace guardare il dipinto e mettermi ad osservare il viandante davanti alle nebbie, per poi entrare nei suoi panni e guardare quel mare immenso.
Un viandante è un uomo che percorre la sua strada, che compie un viaggio, davanti a lui compare la nebbia che gli sbarra la strada, o meglio ancora, gliela cela agli occhi, perché la vita, diciamolo, è una donna che non ama farsi conoscere subito ma poco alla volta si svela, ma mentre l’altra meta del cielo sa anche perdonare, la natura mena di brutto se non sei preparato ad attraversarla.
Il viandante sta davanti alla nebbia carica di mistero e fascino, per certi versi inquietante, ogni passo fatto in avanti è un passo nel buio, che t’inghiotte e porta lontano da quello che conoscevi e vedevi, ma è un viaggio emozionante, fatto di scoperte personali, un viaggio dentro se stessi e le proprie paure. Si dice che un uomo che vuol conoscere se stesso deve prima conoscere ed affrontare le sue paure, incertezze, e non può farlo dalla distanza, se vuole risolvere i suoi problemi deve passarci in mezzo.
Alcuni uomini non sentiranno mai il bisogno di affrontare il proprio mare di nebbia, ma ci saranno quelli che dovranno farlo, e potranno scegliere tra l’andare avanti nell’incertezza ma verso una strada di comprensione, oppure restare al sicuro come gli uomini nella grotta di Platone senza conoscere la vera realtà.
Io scelgo di affrontare le nebbie e sempre sceglierò quella strada, ed il momento più emozionante che queste avventure sanno dare, è quell’istante che ci separa dal muovere il primo passo, quando davanti alla nebbia decidiamo di attraversarla.
Il dipinto di
Friedrich sembra descrivere quell’attimo.

Il più bello dei nostri mari













Conosco questa poesia da tempo, ignoro chi sia l'autore, so solo che è turco, ma rimane lo stesso molto bella da copiare sul blog.

"Il più bello dei nostri mari
non l'abbiamo ancora navigato,
il più bello dei nostri pensieri
non è ancora nato,
e i più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti".

sabato 9 giugno 2007

Kipling

Questa mattina sono tornato a casa molto tardi, ben oltre l’ora di pranzo, dopo aver lavorato tanto, ed ero cosi stanco che ho soltanto pensato a buttarmi nel letto. Guardavo la mia stanza, gli oggetti che ci sono dentro, così, senza un perché, ed i miei occhi si sono appoggiati ad un piccolo quadro giorno, con una cornicetta modesta. Mi è venuto subito da sorridere perché quel quadro mi segue da quando ero un ragazzino, sono venti anni che me lo porto appresso, appendendolo in ogni stanza che ho abitato.
Quando ho sentito per la prima volta, la tanto conosciuta poesia di Kipling, avevo sedici anni e mi piaceva tanto, poi un giorno l’ho trovata in una rivista, mi sono ritagliato la pagina e l’ho messa in un quadro giorno che da allora non mi abbandona mai, né il quadro, né la poesia e le cose che dice.
Ci vuole un lavoro umano enorme per riuscire ad essere un uomo com’è descritto da R. Kipling, ma sarebbe sbagliato, controproducente, seguire per filo e per segno quelle righe, anche se sono scritte da un grande artista, e possiedono un enorme pathos, ma se prendiamo da ciò che osserviamo, sentiamo, e leggiamo, come in questo caso, quel che riteniamo utile per noi, per diventare una persona migliore, che non si accontenta di ciò che eredita, e non n’è mai sazio di sapere, conoscere, divenire, per avere ogni giorno occhi nuovi con cui guardare il mondo, se si ha un ideale, una visione di sé, a cui tendere, allora questa poesia può dare delle indicazioni eccezionali, ed essere veramente utile.



“Se riesci a non perdere la testa quando tutti intorno a te la perdono
e ti mettono sotto accusa
Se riesci ad avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te
ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare
Se riesci ad aspettare senza stancarti di aspettare
o essendo calunniato a non rispondere alle calunnie
o essendo odiato a non abbandonarti all’odio
pur non mostrandoti troppo buono né parlando troppo da saggio
Se riesci a sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni
Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine;

Se riesci incontrando il trionfo e la rovina
a trattare questi due impostori nello stesso modo;

Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto,
distorte da furfanti che ne fanno trappole per sciocchi;

O vedere le cose per le quali hai dato la vita distrutte
e sai umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;

Se riesci a fare un solo fagotto delle tue vittorie
e rischiarle in un solo colpo testa o croce
e perdere e ricominciare da dove iniziasti
senza mai lasciarti sfuggire una sola parola su quello che hai perduto;

Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi a sorreggerti
anche dopo molto tempo che non te li senti più
e resistere quando oramai in te non c'è più niente
tranne la volontà che ripete resisti;

Se riesci a parlare con la canaglia senza perdere la tua onestà
o a passeggiare con i re senza perdere il senso comune;
Se tanto nemici che amici non possono ferirti;
Se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo;

Se riesci a colmare l’inesorabile minuto con un momento fatto di 60 secondi
tua e' la Terra e tutto ciò che vi e' in essa
e - quel che più conta - sarai un Uomo, figlio mio.”


IF di R. Kipling

mercoledì 6 giugno 2007

Domenica bestiale

Durante la settimana lavoro a contatto col pubblico, è un lavoro difficile ma che dà molte soddisfazioni.
Sono conosciuto in giro, benvoluto, e poi amo lavorare e questa piccola attività me lo permette alla grande.
Ho dei clienti veramente in gamba ma per dieci di loro trenta sono pesanti da digerire, parlano, parlano anche quando farebbero meglio a stare zitti, alcuni sono tanto maleducati e ignoranti, ( che ignorano il rispetto altrui), e quando sono molti non sanno stare fermi e cominciano a brontolare, spazientiti, e vogliono essere serviti velocemente perché hanno tante cose da fare, ma poi una volta fuori del locale, si fermano ore a parlare col primo che capita, e pensare quanta fretta avevano… ma con sei giorni di questa confusione è normale che quando chiudo voglia trovare un poco di calma?! Si, è normalissimo.
Allora, la domenica che non lavoro, mi alzo presto e filo dritto, dritto, coi miei genitori, nella casa di montagna.
La casa non è niente d’eccezionale, ma c’è un bel panorama, silenzio, vicini, non troppo vicini, e comunque, gente tranquilla, tanto posto per correre, farsi una passeggiata, stare bene insomma.
La mia domenica non comincia in montagna ma al mare, in una spiaggia con l’acqua talmente trasparente da non essere mai sicuri di essere lì dentro o nella spiaggia.
Poco dopo mezzogiorno, saluto gli amici e raggiungo la montagna, perché voglio essere io a cuocere l’arrosto.
Dopopranzo un po’ di parole crociate e le mie letture, con lo sdraio sotto il mio albero preferito, quando il sole è meno forte, salgo sulla mountain bike, accendo il lettore mp3, e mi faccio un bel giro rilassante, senza sforzi. Infine, mi scarico di un po’ di tensioni in maniera positiva, allenandomi col sacco da boxe.
Una doccia, visita ai vicini, partita a carte, qualche chiacchiera, due risate, e quando il sole comincia a calare, mi dedico alla cosa che preferisco di più in questo periodo, le lunghe passeggiate a piedi nudi nel ruscello. In quei momenti le mie pile si ricaricano, e torno veramente come nuovo.

domenica 3 giugno 2007

Equilibrio stabile

Stavo pensando alla canzone di Battiato, "cerco un centro di gravità permanente", e mi dicevo quanto sarebbe bello se avessi un centro di gravità permanente, ma non è veramente così.
Vorrei avere una risposta perfetta, per ogni dubbio, incertezza, che non mi faccia mai vacillare, sbagliare una scelta, frase, comportamento, ma rimanere ben saldo sulle gambe davanti a tutte le difficoltà.
In realtà, spero di non trovare mai quella risposta, non voglio un centro di gravità permanente, perché non so che farmene di un equilibrio stabile.

Voglio rimanere uno che ha paura di sbagliare e sbaglia, che a paura di cadere e cade, che da spazio ai suoi dubbi, che sarà sempre in cerca del meglio per se e non si accontenterà mai.
Voglio bene al mio caos, anche se qualche volta mi fa soffrire, ma lì, oltre i turbamenti, ci sono la mia ricchezza d’interesse, d’idee, di pensieri incerti ma veri, carichi d’emozioni e pulsioni creative, e sono queste vertigini che mi fanno sapere che sono vivo.
Certo, non lascio che il mio caos mi faccia cambiare mille volte idea, con la scusa che la coerenza è rigidità, ma penso sia necessaria una certa flessibilità nel rispondere alle domande che la vita mi pone. Mantengo una buona continuità di pensiero tra una scelta e l’altra, e questa è una buona cosa, conservo ciò che reputo buono e che diverrà parte del mio patrimonio personale, e anche questo va bene, ma và ancor meglio quando lascio che la risposta non sia sempre la stessa, facendo in modo che si aprano dentro di me altri modi di vedere il mondo, perché quello cambia, e bene o male che mi vada, continuerà a farlo sempre.

venerdì 1 giugno 2007

Principi e principesse

Flalia, nel suo blog Ali d’argento, si chiede se noi uomini, da bambini, abbiamo mai pensato di diventare dei principi azzurri che un giorno sarebbero corsi coraggiosamente a salvare le nostre principesse.
La domanda era molto appassionante e mi mandava piacevolmente indietro nel tempo, ed alla fine, ho pensato di scrivere un piccolo post, con i pensieri che la sua domanda ha prodotto nella mia testa.


Quante volte, giocando da bambino, ho gridato “ti salvo io”, tenendo in mano un pericolosissimo stura lavandino.
Ricordo, si, ricordo molto bene, non sognavo mai di essere un principe azzurro, ( troppo perfetto, pulito, effeminato. Puah!), o ero un guerriero, o un generale, un pirata, etc, ed il mio duro cuore si scioglieva nel vedere in pericolo la mia donna, e suonando la carica, con gran coraggio, la salvavo da temibili nemici.
Ad essere onesto, altro che quando ero bambino, ancora ora, tra un pensiero e l’altro, capita di fantasticare un piccolo salvataggio, per ricevere il sorriso di una donna, di quelle con la D maiuscola. Mi capita di immaginare di soccorrerle anche per una piccola cosa come cambiare una ruota, perché lei ha bucato con la macchina in una strada buia, etc, ( se conoscete la canzone “voglio farti innamorare tanto” degli 883, capirete cosa voglio dire).
Si, è vero, anche alla mia età ogni tanto ci rincogli**amo un po’ con queste fantasie, ma il vero problema di soccorrere una ragazza ora non sono i nemici che immaginavamo ieri, alieni, scienziati pazzi, draghi, etc, etc, il problema ora è salvarle da se stesse, e come cavolo si può fare a trovare tanto coraggio?! Ma no, scherzo, rimanete delle sognatrici, donne, non siete mai tanto belle come quando sognate. L’unica cosa in cui dovete stare attente l’avevo sentito dire proprio ad una donna, “non costruite un uomo con la fantasia per poi demolirlo a colpi di realtà”!

giovedì 31 maggio 2007

Un bimbo ingenuo

Ho trovato un mio vecchio quaderno delle elementari, dove avevo scritto di aver una gran paura perché il mondo si stava congelando e saremmo morti tutti se non ci spostavamo in Africa. Ero molto piccolo, tra gli anni 70 e 80, i telegiornali, le radio, trasmettevano le notizie dei professoroni, catastrofici per professione, che vedevano nell’avanzare dei ghiacci la nostra imminente fine, a me, bimbo ingenuo, queste notizie incutevano il terrore.
Di tutto quel che avevano predetto per il futuro del mondo, non è successo proprio niente, soltanto qualche spavento di bambini o adulti facilmente suggestionabili.
In questi ultimi anni, questi figli dell’apocalisse, sono tornati alla carica, ma con una nuova teoria: questa volta il ghiaccio non sta avanzando ma sciogliendosi.
In tv sono trasmesse continuamente le solite immagini di un ghiacciaio che si spacca, di qualche volatile sfortunato che ha perso la rotta, del sole alto e forte, di zone aride, che poi sono sempre le stesse da anni.
Sempre per la stessa ragione, il Po si sta asciugando, no, sta per straripare, allarme siccità, allarme alluvioni… e basta, lasciateci in pace! Che pa**e!
Cari professori, rilassiamoci tutti quanti, facciamolo per i bambini, sono anni che i fatti vi smentiscono ma voi continuate che tanto ci sono i soliti creduloni a darvi retta, ed avrete qualche soldino perché la notizia vende a quel qualcuno che, come me da bambino, sobbalzerà dalla sedia ad ogni vostra cretineria. Suvvia smettetela, dai, se fatte da bravi, riusciamo a trovarvi anche un amante per voi dello stesso ambiente, tanto l’abbiamo capito che non riuscite a stare in casa dove non vi fila nessuno.
Poi non credo che abbiate bisogno di giustificare davanti a voi stessi ed al mondo, che lo stipendio che vi danno ha un senso.

martedì 29 maggio 2007

La luce era gridata a perdifiato


"La luce era gridata a perdifiato
le sere che il sole basso
arrossava il petto delle rondini rase.
Ora e sempre più viva
sarà la smania di far notte in me solo
e cercar scampo e riposo
nella mia storia più remota.
Ogni sera mi vado incontro a ritroso."
("Leonardo Sinisgalli")

Sarebbe bello poter raccogliere l’invito di quest’autore e riconoscerci ogni sera, ripercorrendo mentalmente le nostre azioni, la nostra storia personale.

lunedì 28 maggio 2007

Non starne fuori

Molte persone, uomini e donne, nel giro dei blog, si lamentano, chi più, chi meno, per come vanno male le loro passioni, attribuendone la colpa agli stereotipi dell’altro sesso, vorrebbero non saperne più nulla e starne fuori, stufe di tanto soffrire e convinte di aver ormai capito che le persone sono tutte uguali. Io ho una mia modesta opinione sullo starne fuori.
Per anni ho allenato formazioni di bambini ai primi calci di pallone.
Ricordo quando c’era chi dopo aver sbagliato, da lui stesso, un calcio di rigore, si adombrava, guardava torvo tutti, e voleva uscire dal campo e smettere di giocare. Per questa ragione, alcuni hanno realmente smesso di giocare a calcio, ed erano anche bravi. Purtroppo il carattere non si può insegnare. A molti di loro dicevo che soltanto chi si prende su di se la responsabilità di tirare un calcio di rigore può sbagliarlo, mentre di sicuro non sbaglierà mai chi rimane ai margini del campo, ma quelle persone che non rischiano, non capiranno mai veramente cosa sono il brivido, l’emozione, la paura, la delusione, ma anche la gioia che spezza le barriere e si trasforma in una corsa irrefrenabile con le braccia al cielo, quanto vale la pena soffrire ogni tanto pur di giungere a quella gioia.
De Gregori canta:
”Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore/ non è mica da questi particolari/ che si giudica un giocatore/ un giocatore lo vedi dal coraggio/ dall'altruismo e dalla fantasia….”
Allo stesso modo, una donna, o un uomo, non dovrebbero giudicare ne giudicarsi per com’è andata una relazione.

venerdì 25 maggio 2007

Adattarsi

Quando da piccoli ci alziamo dal sedere per la prima volta e muoviamo i primi passi incerti, ci adattiamo ad ogni nuova, impercettibile spesso, posizione, ed al terreno sotto i piedi.
Il bambino che inizia a camminare potrà cadere in avanti, nella fretta di correre, per non aver coordinato entrambe le gambe, o cadere indietro, per rimanere seduto, convinto di aver trovato la posizione più sicura, oppure, dopo vari tentativi, potrà adattare piedi, gambe, il proprio peso, la schiena, alla posizione verticale, al continuo perdere e ritrovare l’equilibrio, in quelle oscillazioni che sono chiamate: “Camminata”.
Ogni uomo deve adattarsi alla strada che sta percorrendo, per diventare un’unica cosa con la sua storia, scoperte, esperienze da trasmettere, e sarà sicuramente responsabile del miglior uso che poteva farne con ciò che camminando avrà trovato o non trovato.

lunedì 21 maggio 2007

No ego, please

Nelle relazioni quotidiane, spesso, alcuni comportamenti, di una o più persone, possono darci fastidio, insofferenza, rabbia, delusione. Se teniamo a noi stessi, ma anche alla persona che ci ha offeso col suo comportamento, non bisogna mai reprimere la propria rabbia, o lasciare che questa si sfoghi su altri poveri malcapitati, ma esprimerla, decisa ma con lucidità, seguendo alcune piccole regole, 1) non lasciarsi andare all’impulsività, 2) Aspettare fino a quando non si è certi di rimanere da soli con l’altra persona, 3) prima di discutere, mettersi per qualche secondo nei suoi panni, 4) non covare rabbia fino al momento del chiarimento, chiarirsi non vendicarsi, no ego, please, 5)Esser sicuri di se stessi e delle proprie motivazioni, perché una volta iniziato a parlare dell’argomento spinoso non si fugge, si rimane, 6) non insultare, non alzare troppo la voce, 7) una volta chiariti non mostrare troppa soddisfazione, meglio essere modesti anche se si è pronti a dar nuovamente battaglia.

Domani

Del domani non c'è veramente alcuna certezza?! La verità è che sappiamo poco del domani ma non possiamo certo dire che non sappiamo quel che stiamo facendo ora e se il futuro è un diagramma incompleto possiamo fare in modo che sia tracciato verso qualcosa di buono, per evitare brutte sorprese domani molto meglio stare attenti alle scelte d’oggi.

sabato 19 maggio 2007

Donne



“Un uomo sulla luna non sarà mai tanto interessante quanto una donna sotto il sole.”
(L.Fechtner)

venerdì 18 maggio 2007

Oroscopo del giorno

Bilancia 18/05/07

Ti sentirai stanco e spossato per i troppi impegni. In ambito lavorativo avrai voglia di mettere in atto le tue idee ma le difficoltà te lo impediranno.

Mmmmmmmh… Sembrerebbe tutto giusto tranne una cosa, questo non è l’oroscopo del giorno ma quello dell’anno!
Scherzo, scherzo!


Però, mamma mia, che previsione poco incoraggiante! :-(

giovedì 17 maggio 2007

Errori

Una mia amica, preoccupata di andare da sola ad una riunione, mi manda un sms, per convincermi a chiudere prima la mia attività e accompagnarla.
Il suo sms: "Ti prego, fai di tutto per poterti sposare con me!"
La mia risposta: "A me le proposte di matrimonio via sms non piacciono, cosi sintetiche poi... guarda che sono un uomo all'antica, voglio l'atmosfera giusta, una rosa, l'anello, una poesia, e forse, ma solo forse, dopo, potrei darti una risposta affermativa!"
Altro suo sms: "Scemo! Spostare... spostare, ti chiedevo se potevi spostarti! Poi non credo che ti basterebbe una buona dichiarazione per farti cedere!"

Questo è un mio pensiero invece... Eh chi lo sa, mai dire mai!:-) :-)

mercoledì 16 maggio 2007

Gladiator

"Al mio segnale scatenate l’inferno."

"Fratelli, ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità."

"Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell'esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell'unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa e avrò la mia vendetta in questa vita o nell'altra."


Il Generale Massimo dal film Il Gladiatore



Grande, grande, grandissimo... So bene che è tutto finzione ma se ho avuto vite passate, spero di aver servito, in almeno una di queste, un generale così grande.

L'arte del vivere

"Rendere il migliore possibile ogni istante della vita, da qualsiasi mano del destino ci sia inviata: in ciò consiste l'arte del vivere."
G. Lichtenberg

martedì 15 maggio 2007

Il pudore

Il pudore in una donna è un valore aggiunto.
In questi tempi d’aggressività al femminile, di donne con i tacchi a spillo, cinturoni, trasparenze ad ogni costo, anche sotto zero, sempre in competizione tra loro per dominare uomini, carriere, le scene al preserale, serale, e notti rigorosamente in bianco, e andar via dai locali notturni per far colazione prima di tornare a casa e gettarsi insoddisfatte nel letto, stremate e piangenti, qualche ora di sonno e con i nervi a fior di pelle sono nel traffico col coltello tra i denti, per andare al lavoro che odiano, sempre di fretta, col dito medio sempre pronto a scattare, non sia mai che si fanno mettere i piedi in testa loro, trovarne una che apprezzi la lentezza, con uno stile sobrio, che ti parla con tranquillità e interesse davanti ad un buon caffè, senza guardare l’orologio, e poi ridere e scherzare con lei e vederla aprirsi in un sorriso a tutto viso, moderato solo da una modesta timidezza che ricorda l’innocenza dei bambini, quando s’incontra una donna così, allora dico che si trova veramente un tesoro.

lunedì 14 maggio 2007

Timori e bisogni

Sono stato un ragazzo scanzonato, che sapeva divertirsi, brillante, un poco loco forse ma educato, coraggioso con le donne ma proprio con loro, oltre questo strato, c’era una subdola insicurezza interiore.
Dovrei essere contento perché sento che le paure stanno per crollare ed invece è proprio questo a mettermi in allarme.
Questi timori, mi confondono, perché a pensarci bene, a parte una brutta legnata a 20 anni, ho sempre saputo gestire le relazioni abbastanza bene, senza troppi timori, con una sana voglia di giocare, senza investire troppi sentimenti magari, con poche emozioni, purtroppo, ma sono sempre riuscito a farmi voler bene.

Ora qualcosa è cambiato e non m’interessano più le avventure, ed ora credo non ci sia dono più bello per un uomo del modo in cui, la sua donna innamorata, lo guarda.

Sto vacillando, lo sento... sento la voglia di una compagna che sia per sempre e di una famiglia mia.

La prima donna carina che saprà vedermi come una persona reale, apprezzando i miei pregi e perdonando difetti e incertezze, la sposo, anzi no, le chiedo un figlio e poi la sposo.

Vedo bimbi ovunque, figli di genitori che alla mia età hanno almeno due figli, e voglio un figlio anch’io, uno da coccolare, combattere, da perderci la pazienza, da proteggere, da educare, da amare, ne ho bisogno, come della madre al mio fianco, una donna con cui crescerlo insieme, ed è questa la paura più grande.

venerdì 11 maggio 2007

Idee

Sono gli uomini che tradiscono le idee, o sono le idee che tradiscono gli uomini?
Temo che siano entrambe soluzioni possibili ma in questo momento non saprei dare una risposta ragionata, direi che è un quesito su cui voglio tornare presto.

Giovani

Ho preso e trasformato queste frasi da alcune mie letture, perché, per poterle scrivere sul mio blog dovevo sentirle anche un po mie.

"Si rimane giovani quando non si perde mai l'entusiasmo di fanciullo".
("Mencio")

"La giovinezza non è un periodo della vita. E' uno stato dello spirito, una qualità dell'immaginazione, un'intensità emotiva, una vittoria del coraggio sulla timidezza.
Non si diventa vecchi per aver vissuto un certo numero di anni, si diventa vecchi perché si smette di avere delle idee. Gli anni aggrinziscono la pelle, la rinuncia all'avventura* aggrinzisce l'anima.
Giovane è colui che si stupisce e si meraviglia, che domanda come un ragazzino insaziabile: "E Dopo?", che sfida gli avvenimenti e trova la gioia al gioco della vita".
("Generale Douglas A. Mac Arthur")


*Avventura sì, ma senza avventurismo
Corsivi miei. Scritti tratti dal settimanale di Cultura "Il Domenicale".

mercoledì 9 maggio 2007

Estate

Il mare... Oggi mare, sole... E' arrivata l'estate....:-)

domenica 6 maggio 2007

Una Stella che Danza

Questo è il mio blog, e sta muovendo i suoi primissimi passi. Mi auguro che non diventi come la mia stanza ma sono quasi certo che finirà per assomigliarle. Il computer, da dove scrivo i miei post, non si trova nella stanza dove dormo, infatti, lì non può starci qualcosa che funziona con una logica.
Nella stanza ci sono tante cose tutte diverse, ognuna importante per me, a dire il vero.

In questo momento c’è una ruota di mountain bike da aggiustare, che per pigrizia trascuro di mettere a posto perché ho un’altra bici funzionante. Ci sono un paio di racchette da tennis, ( ero una piccola promessa, non mantenuta, da giovanotto), un sacco da boxe, un pallone da calcio, pesi, manubri e bilanciere, dei vecchi trofei impolverati.
I miei vestiti si trovano sparsi, tranne alcuni che tengo nell'armadio, un po’ qua e la ben piegati ma appoggiati dove capita.
Ci sono librerie, scaffali, pieni di libri, riviste, fumetti, di svariati generi ed argomenti, dalla mitologia alla scienza, dalla psicologia alla filosofia, dalle lingue straniere ai romanzi e classici.
Mi fa sorridere pensare ai libri d’arti marziali, di jet kune do, boxe tailandese, tenuti in piedi dalla biografia di Gandhi e San Francesco D’Assisi, e strappa un sorriso anche la vicinanza stretta dei Saggi sul Buddhismo Zen con Carducci e Macchiavelli, Crichton con Platone, Conrad con Joyce, Conan Doyle con Steiner, ecc, ecc.
In alcune mensole sono conservati i cd musicali, e anche da lì è difficile capire la mia psicologia, perchè ci trovi, uno sopra l’altro, i cd di Bublè, Winehouse, Stone, ed i classici del Jazz, con Ac Dc, Manson, Metallica, la musica tibetana con l’italiana anni 70, Mozart ed il pop attuale, Vasco Rossi con la musica celtica, ecc, ecc…
Un po’ di conforto arriva dal sorriso di mio nipotino che vedo nelle tante foto che ho voluto appendere nella camera ma per il resto è confusione. Mio caro Nietzsche, io non so ballare e non sono luminoso più di tante altre persone, e allora fammi capire, avendo tanto caos dentro e intorno a me, come potrei diventare una stella danzante?!

giovedì 3 maggio 2007

Di vino parlare

In un commento avevo scritto che non mi piaceva il vino e l’alcool in generale ma non è del tutto vero.
E’ invece vero che il vino bianco usato per cucinare, o come condimento per le carni, mi piace, ma non solo, usato, per esempio, anche insieme al limone per dare gusto ad una bella coppa di gelato con panna e fragole.
Tra gli alcolici gradisco anche il Rhum ed il Gin, se li uso per allungare succhi di frutta esotici e polposi, come il mango per esempio.
Non voglio dimenticare di parlare del vino rosso, quando, d’estate, seduto a pranzo in montagna, di rientro dal mare, lo uso per riempirne un bicchiere, dove metto dentro una pesca tagliata a pezzetti, non potete immaginare quanto, quel frutto cosi inzuppato, sia gustoso per il mio palato!
Mi viene in mente il sorbetto… Che buono! Poi, mi è anche capitato di gradire i Drink come l’Irish Coffe, o il Whisky e Cola, o Rhum e Cola, mai troppo pieni e sempre insieme con qualcosa da mangiare.
Posso dire che un bicchiere di vino, o di qualsiasi altra bevanda alcolica, fuori dei pasti, senza nessun altro ingrediente, proprio non mi piace, e se mi è offerto, cerco mille scuse per evitarlo, ma usato sapientemente, durante un buon pranzo o ad una cena, beh, allora posso trovarlo veramente piacevole.

mercoledì 2 maggio 2007

A casa di Eli

Ho sempre preferito leggere che scrivere. Divoro libri d’ogni tipo ma vado in crisi appena devo scrivere qualcosa, per questo motivo non ho mai pensato di aprire un blog. Poi sono entrato a casa di Eli, all’indirizzo elivseli.splinder.com, si tratta di un blog interessante, sbarazzino, pieno di swarovsky e di rosa, come dice lei. Certo, scrive anche qualcosa di serio, ma sopratutto regna una spensieratezza che personalmente trovo molto piacevole e vado a leggere i suoi post spesso.
Divertito da questa signorina ho incominciato a lasciare dei commenti ad Eli, trovando molto piacere nel scriverli, allora ho pensato di darmi la possibilità di farlo in un blog mio.
Così nasceva il mese scorso, Come La Notte Al Giorno, ancora adesso non sono sicuro se funzionerà, se sarò costante o pigro, se i miei post saranno simpatici o se saranno noiosi, ma in ogni caso voglio continuare a provarci.

Jedredd

Mi firmo Jedredd; sono due nomi in uno, Jedro nasce quando certe volte mi sento un po briccone, alla ricerca di leggerezza e spensieratezza; poi c'è Dredd, quando mi accorgo di aver bisogno di ordine e vorrei sentirmi perfetto, impeccabile.
Mi sento sempre diviso da questi due bisogni e non riesco mai a soddisfarne pienamente uno.
Uno dei nomi che mi sarebbe piaciuto dare al Blog è "Festina Lente" un motto che vuol dire affrettati con calma, avrei voluto metterlo in alto insieme a due simboli affiancati: un'ancora ed un delfino, dove l'ancora rappresenta il bisogno di punti fermi ed il delfino la libertà d movimenti in un mare sconfinato.
Sono una bilancia molto creativa, curiosa, appassionante, ma non sempre in equilibrio, qualche volta sbando verso un piatto, altre volte verso l'altro. E ne combino di tutti i colori! ;-) :-)

mercoledì 18 aprile 2007

Pessoa

"Nulla, se non l'istante, mi conosce.
Nulla, nemmeno il mio stesso ricordo,
E sento che chi sono
E chi sono stato
Sono sogni differenti"

(F. Pessoa)

sabato 14 aprile 2007

Stai passando

"Affronta la realtà, ma concediti pure le fantasie e le fiabe...
Aiuta le cose a crescere sia dentro di te che all'esterno...
Rimetti al loro posto le zolle sollevate nel cammino,
muoviti con calma e senza chiasso,
ma fai sapere al mondo che stai passando."

(Tratto da Nathan Never)

Relazioni

"Chi rinuncia alla libertà per raggiungere una piccola sicurezza temporale, non merita la libertà, la sicurezza". (B. Franklin)
Mi rendo conto che nelle relazioni è importante perdere un po della propria personalità a favore del rapporto. Sembra una cosa normale, perdo qualcosa di mio, acquisisco qualcosa di suo.
Dovrebbe funzionare cosi ma non riesce tanto facilmente, anzi, spesso, passata l'euforia dei primi mesi, nasce la paura di perdere la persona con cui si è legato e ci si ritrova a litigare per cose futili e a trascurare quelle importanti.
Una volta smarrito il dialogo si finisce in un piccolo teatrino, fatto di gesti poco spontanei, frasi fatte, e scenate prese dai film, quando ormai non ci si capisce più, si perde la stima verso l'altro e verso il rapporto. Alla fine, per quelli che arrivati a quel punto, che ancora restano insieme, ritrovandosi estranei uno affianco all'altra, ritengo sia valido il commento di De La Rochefoucald, quando dice che la cosa più difficile da trovare in una relazione amorosa è proprio l'amore.
Ho imparato quanto sia importante affrontarsi sempre, perchè per chiarirsi non c'è mai tanto tempo.

venerdì 13 aprile 2007

Si inizia...

Bene, comincia questa nuova avventura. Adesso si tratta di prendere un po di confidenza e vedere cosa ne verrà fuori.
Si inizia....