giovedì 12 luglio 2007

Papillon, fuga dallo studio, parte prima

Leggevo il post di Lory, parlava di quanta fatica ha fatto il figlio per diplomarsi giusto, giusto, afferrandosi con le unghie a quel pezzo di carta, e pensavo, “E' inutile, non c'è verso per far capire ad un ragazzo quanto sia importante avere un minimo di cultura”, poi mi sono ricordato di quanto ero refrattario allo studio a quell’età, altro che Jacopo, lui è stato un grande in confronto a me che ho dovuto aspettare di avere 28 anni per diplomarmi.
“Tranquilla Lory, mai disperare, il ragazzo si farà.”

Ecco la mia storia scolastica, divisa in due parti, per non appesantire il blog, vi racconto di come ho fatto parte, per lungo tempo, del club degli asini per scelta.

Il primo giorno di scuola fu traumatico, tutti i miei compagni piangevano perché la madre se n’era andata, io guardavo la finestra del secondo piano e rigirandomi a guardare la porta chiusa, capivo che ero in trappola, e quello mi dava veramente fastidio. Ero, entrato in quella scuola, sicuro che sarei saltato fuori alla prima distrazione della maestra, così come non mi avevano fermato le sbarre delle scuole materne, troppo basse e larghe, quelle si, che le saltavo, ma dal pianterreno, ed una volta in strada, tornavo a casa, lì invece, ero troppo in alto, per potermi buttare giù.
Anche se obbligato a rimanere dentro le scuole elementari, misi, nello studio, lo stesso entusiasmo del gatto, che si appresta a subire una bella doccia calda, sotto il rubinetto. Si, è capitato di ottenere dei bei voti, tutte quelle volte che un mal di testa, un raffreddore, mi faceva dimenticare dell’aria aperta, della bici, delle corse nei campi.
Tra la fine delle elementari e l’inizio delle medie, stava nascendo, dentro di me, confuso e acerbo, un nuovo interesse, che mi allontanava dai libri, quello per il grembiule bianco, improvvisamente il viso, i capelli, la voce delle mie compagne, non erano più gli stessi dell’anno precedente, ma, erano diventati veramente attraenti, ed anche se ci avrei scambiato piacevolmente un bel bacio, finivo sempre per tirar loro i capelli per scherzo, ( mai forte, per la verità ), non sapendo come cavarmela meglio dall’impaccio in cui mi ficcavo, quando cercavo di avvicinarmi per accarezzarle.
Alle medie, si era ammorbidito lo spirito avventuroso, ma non era sparita la scarsa voglia di aprire un libro, preferivo impegnarmi nel tennis, o nel calcio, e già allora avevo il piccolo sospetto che sarei finito come lucignolo o pinocchio, svegliandomi una mattina con due lunghe orecchie d’asino.
Alle superiori, scoprendo che anche le signorine erano attratte dal mio aspetto, cercavo le loro attenzioni ad ogni momento, entusiasta, perdendo tantissimo tempo appresso alle loro gonne, ed anche questo fu un altro duro colpo per lo studio.
Poi a sedici anni, lasciai gli studi, non per mia decisione, ma per un brutto incidente con la mia moto. Continuavo ad uscire e rientrare dall'ospedale, ambulatorio, poi, 8 mesi di gesso e tanti di fisioterapia, ho impiegato due anni per recuperarmi completamente, restando lontano dallo studio.
Provai a riscrivermi a scuola, sembravo ben intenzionato, ma, dietro l'angolo mi aspettava lei, la prima, l'unica e ultima, fino ad ora, donna a cui abbia detto, “Ti amo”, quante volte ho preso la direzione dell’istituto per poi andare ad aspettarla all’uscita del suo, quanto siamo sciocchi, noi uomini, quando siamo tanto innamorati da non accorgerci nemmeno se ci piove in testa. Abbandonai gli studi per mettermi a lavorare. Gli studi non finirono ma la relazione con lei si.