venerdì 29 giugno 2007

Difesa magnetica, Scudo stellare, che manco goldrake...

Ho già scritto una volta che sono molto affezionato ad un blog, quello di Eli, mi divertiva il suo buon umore, che trapelava dai post, all’inizio sono andato a leggere quel che scriveva qualche volta, poi sempre più spesso, alla fine, ho voluto crearne uno mio.
Ora le gira un po’ male e me ne dispiace, Eli si lamenta perché sta notando che superati i trenta anni la possibilità, per una donna come lei, di trovare un uomo ancora libero, è ridottissima, le risponde Silvia, che rincara la dose, commentando che: anche se lo trovi questo a 30 anni suonati ha già delle calcificazioni dure a resistere, manco il viakal…” Poi lancia una provocazione… “che ne dite di un bel 25enne?”
Devo ammettere, con molta amarezza, che anch’io mi ritrovo con molti scudi, e punto un pò sul vivo, provo a rispondere.
Si, ci sono, gli uomini che descrive Silvia, ma con quelle caratteristiche esistono anche delle donne, poi, per come scrivono nei loro post, credo che, un venticinquenne non lo prenderebbero mai.
Fingo che mi stiano leggendo e le rivolgo una domanda: poniamo che la seduzione spetti al femminile, ed il corteggiamento, al maschile, bene, ci sta, ma non al 100%, perché non dovreste fare un passo, una mossa, anche voi donne?
Anna Oxa, ad un uomo sicuramente indurito dalla vita, cantava: "Non ci fermeranno le paludi o la neve, la tua capitale oramai s'intravede, giorno dopo giorno la tua vita cavalco... Sono il generale più crudele del fronte, non faccio prigionieri e la mia spada è lucente, terra dopo terra ogni tua fortezza io assalto...Non avere paura di me... anche il buio più fondo può valere un azzardo...quel brivido in più... che sei tu... e senza pietà... ti bagnerò le labbra con le labbra ti disseterò..."
Gianna Nannini, molto più dolcemente, gli direbbe: “Molti mari e fiumi attraverserò, dentro la tua terra mi ritroverai. Turbini e tempeste io cavalcerò, volerò tra i fulmini per averti. Meravigliosa creatura, sei sola al mondo, meravigliosa paura di averti accanto, Pendo dai tuoi sogni, veglio su di te.”
Perché no, perché non potrebbe essere anche così? Sicuramente molti stro**i, e figli di…, abbondano le strade, ma ci sono anche uomini validi, superare barriere, scudi, calcificazioni, per loro, è cosa così brutta?

mercoledì 27 giugno 2007

Paternità, atto primo

Ho tre sorelle, più piccole di me. Le due più giovani, anni fa, sono partite in Inghilterra a lavorare, dovevano starci qualche mese, ma i buoni lavori trovati le hanno convinte a restare.
Oltre tre anni fa R, la più piccola, è rimasta incinta, la gravidanza si faceva difficile, aveva, difficoltà a spiegare in inglese i suoi problemi, e poca gente disponibile a darle una mano, i ritmi di lavoro sono pazzeschi lì, allora, in accordo col suo ragazzo inglese, hanno deciso di stabilirsi in Italia, da noi, dalla sua famiglia, fino a superare il peggio, avevano 21 anni entrambi.
R ha passato una pessima gravidanza, le siamo stati tutti vicini, sopportando anche i suoi comprensibili, nervosismi, tranne il ragazzo, no, lui è scappato, schiacciato da troppa responsabilità, poca personalità, e dalla propria madre, cattiva consigliera, che lo cercava in continuazione, con apprensione, chiedendogli di tornare da lei, anche se questo avrebbe voluto dire abbandonare il neonato.
Mia sorella è rimasta in Italia, mentre il padre del piccolo correva via in Inghilterra per non farsi mai più vedere, allora, noi, per levarle un po’ di questo peso, ci siamo tutti impegnati, circondando lei, ed il nostro piccolo nipote, di tanto affetto.
Così mi sono ritrovato vice Padre di mio nipotino, diventato poi figlioccio.
La prima volta che me l’hanno dato in braccio, tremavo, era così piccolo ed io pensavo d’essere troppo maldestro, non mi fidavo di me, ma pian piano ho preso sempre più confidenza, ed alla fine, per i primi due anni, siamo cresciuti insieme, tra fiabe, Teletubbies, piccoli e grandi giochi, lui bambino, io come adulto dai tanti ruoli.
R, abituata a lavorare, era infelice qui in Italia, non riusciva a trovare un posto di lavoro, e così che è nata la sua decisione di ripartire, il bambino aveva compiuto due anni, era abbastanza grande, e senza possibilità di scelta li ho visti andar via.
Ormai è più di un anno che sono partiti, loro stanno bene, questa è sicuramente la cosa più importante, vengono, e continueranno a ritornare qui, spesso, spessissimo a dire il vero, ma non basta per non sentire la mancanza di mio nipotino.

Mi manca essere genitore, non lo ero, ma quel ruolo a cui ci prestavamo noi, tutta la famiglia, per compensare il vuoto lasciato dal padre, mi piaceva, nel bene e nel male, come quando lo rimproveravo, o con me entrava a fare i vaccini, dal pediatra, con la febbre, la gastroenterite, anch’io lo lavavo, cambiavo, coccolavo, disinfettavo i suoi graffi, e piangeva, stringendomi il cuore, ma lo rassicuravo senza mostrargli alcun’incertezza, non avevo molta grazia nel fare le cose, ma si addormentava nelle mie braccia.

Mi manca il suo naso, il modo di ridere, il suo profumo, le sue piccole scarpe vicino alle mie, le sue domande, l'entusiasmo, le sue parole, incerte come i suoi passi, le sue conquiste. Mi manca averlo in mezzo ai piedi ogni giorno, come quando tornavo dal lavoro e lo trovavo ad aspettarmi, per poi vederlo lanciarsi sopra di me, ed abbraccio dopo abbraccio, aggrappandosi alla mia roba, mi arrivava fino al petto e si stringeva alla mia faccia, indicandomi la cucina ed i piatti pronti.

Stanno bene, benissimo, mia sorellina ha ritrovato un po’ di serenità, anche da come mi parla al telefono capisco che è molto più serena, N ha molti amici, frequenta le scuole materne, ha la possibilità di uscire in molti posti diversi, zoo, parchi vari, ecc, che qui non abbiamo, chiede spesso dell’Italia, ma va bene, va bene così, e lo dico sinceramente convinto, non voglio che tornino, per vedere mia sorella dispiaciuta come quando stava qui, se lei è soddisfatta sta bene anche mio nipotino.

sabato 23 giugno 2007

Alla ricerca di ciò che non abbiamo mai perso ma che non riusciamo a trovare facilmente

Il precedente post ha prodotto dei commenti particolarmente interessanti che a mio giudizio meritano una migliore collocazione. Eccoli.

Laura Costantini ha detto...
Leggo che stai leggendo Il libro tibetano dei morti, poi leggo questo post su interesse, attenzione, concentrazione e mi pare di capire che stai intraprendendo un cammino di scoperta di te stesso. Non sono un'esperta, nessuno lo è salvo forse qualche monaco che pratica la levitazione in uno sperduto monastero dell'Himalaya, ma posso portarti la mia piccola esperienza. E' importante coltivare l'attenzione, e quindi l'interesse, per ciò che ci circonda, perché ogni piccola scoperta è un progresso nella conoscenza di se stessi. L'importante è andare al di là delle apparenze di coloro che incontriamo, delle cose che vogliamo scoprire, del nostro stesso modo di essere. Spesso i peggiori nemici di noi stessi, siamo noi. Noi che non concediamo sufficiente attenzione alla nostra parte più intima, ai messaggi che il nostro corpo ci invia. E per corpo intendo tutto, mente compresa, perché non ha senso distinguere. Il cervello è un organo senziente almeno quanto il nostro intestino. Tutto il nostro corpo ci contiene, ci comprende, ci parla e si arricchisce insieme a noi. E' un cammino difficile, Jedredd, ma ti porterà lontano.Laura

Jedredd ha detto...
Cara Laura questo tuo commento non ha nessun bisogno d’interventi, lo sento completo così, ci aggiungo qualcosa per puro piacere personale. Sono una persona con una sua ricerca personale, con un piccolo ma variegato mondo interiore e mi piace confrontarmi con persone in cerca, del proprio Graal, Se, Anima, ecc, quelle che a volte trovano qualcosa, ma è soltanto un indizio per una nuova ricerca, gente che ascolta, si confronta ad armi pari, mette in dubbio le sue certezze, condivide o disapprova, ma sempre con rispetto e dignità verso gli altri e, se stessi, che non usano la parola consiglio, ed al massimo sanno che con alcuni e meglio lasciar stare e non perdere tempo. Spero di potermi e confrontare ancora con te su questi temi.

Ilaria ha detto...
Anch'io sono in ricerca! Però penso anche che essere in ricerca non significhi non costruirsi comunque dei punti "fermi" (pur suscettibili ovviamente di revisioni e correzioni) se no si rischia di non costruire mai niente. Poi la mia ricerca avviene attraverso il mio immergermi negli altri e lo scambio che ne deriva; invece per altri la ricerca consiste in un ripiegamento quasi esclusivo su se stessi, cosa che io rifiuto. Giustissimo poi aver sottolineato l'importanza dell'interesse! Non ci avevo pensato ma hai proprio ragione: senza interesse e motivazione non si va da nessuna parte!

Jedredd ha detto...
Ad una buona ricerca sono necessari gli scambi, oltre ad essere piacevoli e stimolanti.Oggi mi sento un po’ nietzschiano e dico che la ricerca è una camminata su di una corda tesa, messa tra l’esterno e l’interno, d’ogni persona, sopra una rete di protezione, ereditata dal passato, che non porta fin nel profondo. Ogni passo verso dentro, per chi si cimenta in quest’avventura, avviene in seguito ad una nuova idea, amicizia, un nuovo pensiero, ecc, punti fermi, (suscettibili di revisione e correzione, sicuramente), che diventano corde nuove che s’intrecciano su quella su cui stiamo camminando, ed una dopo l’altra diventa una rete, all’inizio molto larga ma poi, via, via, sempre più fitta fino a quando, intreccio su intreccio, diventa un tessuto resistente, diventa la nostra personale rete di protezione, e più sarà grande, più cose riusciremo a portare da fuori verso dentro e viceversa, per non parlare del bene che può farci conoscerci intimamente.

mercoledì 20 giugno 2007

Interesse, attenzione

Flalia nel suo commento al precedente post mi fa riflettere sull’importanza dell’attenzione, qualità spesso trascurata, e mi chiede se sono d’accordo.

Accidenti! Si, sono d’accordo.

Mi permetto di aggiungere un’altra qualità importante, necessaria, precedente all’attenzione, ed è l’interesse.
Certamente se guardiamo qualcosa con attenzione, ne scopriamo i lati più nascosti che altrimenti ci sfuggirebbero, ma senza l’interesse non nasce l’attenzione. L'attenzione e/o la concentrazione, sono capacità fondamentali nella vita, ma l’interesse ci spinge ad osservare con attenzione, far nuovi pensieri, nuove idee, provare a trasformare il tutto in azione, ed in seguito alle conseguenze, ecco fatta l’esperienza.
E' piacevole sapere che sia l’interesse che l’attenzione, e la concentrazione, sono qualità che possono essere coltivate, migliorate, oppure, miseramente trascurate da chi si sente arrivato, o non ha la più pallida idea di cosa voglia dire migliorarsi.

Pensieri, idee, esperienza

Attraverso i nostri sensi percepiamo la realtà che ci circonda, queste percezioni s’imprimono nella nostra memoria sotto forma d’emozioni, sensazioni, passioni, paure, a seconda che si sta amando, odiando, desiderando, scappando.
Più avanti le nostre impressioni diventano idee, pensieri. Se percepisco, su una mano, il forte calore di una forchetta lasciata sul fuoco, sto provando una sensazione sgradevole, questa è una percezione viva diversa dal ricordo di quel dolore impresso nella memoria.
Ogni pensiero nasce da una serie di percezioni precedenti ed è per questo motivo che riusciamo a dire, sapere, conoscere, distinguere, quello che ci piace da ciò che ci da dolore.
L’esperienza è il nome con cui battezziamo i nostri errori, dice Oscar Wilde, ma è la stessa che ci permette di far crescere le nostre idee, perché è proprio quando proviamo dolore che s’imprime con maggior forza nella nostra coscienza la differenza tra bene e male, ed in questa maniera apprezziamo meglio il bene e fuggiamo dal male, anche se non è sempre possibile.

lunedì 18 giugno 2007

Nuovi eroi dalle news

Stati Uniti.
"Undicenne uccide un grosso cinghiale incontrato nel bosco. Il bambino ha affermato di essersi trovato in un film Horror quando davanti a lui è comparso il mostruoso animale, lungo più di tre metri e di un peso intorno ai 500 kg, il piccolo eroe, dopo avergli sparato ripetutamente, lo ha inseguito nel bosco per finirlo."
Quanto è stato coraggioso questo bambino sembra pensare il giornalista dalla sua notizia. Ma scusa?! Nessuno si metterebbe a sparare contro i ragazzi della nazionale di rugby soltanto perché sono un tantino più grandi del normale. Ma che male faceva?! Era entrato nell’abitato, sembrava aggressivo, si dirigeva verso il bambino minaccioso?! No, stava raccogliendo le sue amate ghiande cadute dagli alberi, nel suo bosco, senza rompere nessuno, era talmente inoffensivo che è pure scappato quando il moccioso lo ha ferito, cosa che gli animali selvatici non fanno, e gli è andata bene perché altri cinghiali lo avrebbero caricato. Credo che il vero film Horror sia quello di un bambino che gira per i boschi con un’enorme Smith & Wesson.

venerdì 15 giugno 2007

Storie d'amore




La storia di Laure Manaudou, si svolge in Europa, è molto simile alle belle favole di una volta, lei è una vent'enne pluricampionessa di nuoto, bella, bellissima, che s’innamora del nuotatore italiano Luca Marin e decide di vivere in Italia, per stare vicina al suo compagno.
In Francia invece si teme che la propria campionessa sposi il compagno italiano e vesta i colori della nazionale italiana e tentando di boicottarla, in uno sforzo congiunto tra le federazioni italiane e francesi, le impediscono di trovare tecnici a Verona, ma lei non si ferma è trova il modo di allenarsi a Torino.




La storia di Duha Khalid Aswad invece proviene dal medio oriente, lei è una ragazza curda di 17 anni che s’innamora di un coetaneo sunnita e per questo è stata lapidata a morte nel nord dell’Iraq. La relazione in famiglia aveva suscitato riprovazione e scandalo. I parenti decretarono la sua condanna per una fuga d'amore. Andarono a prelevarla da un leader yazidi presso il quale si rifugiava. A forza l’hanno trascinata in strada e l’hanno uccisa a colpi, calci, e finita con una grossa pietra. La sua esecuzione è stata filmata con un telefonino e il video diffuso su internet.

Mi fa una certa impressione vedere bandiere, simboli, mediorientali, addosso a ragazze/i che sfilano per i diritti umani per le nostre città europee, quando in quei paesi succedono barbarie simili. Giusto, giustissimo, protestare, chiedere un mondo sempre migliore, ma ritenersi un po’ più fortunati di altri non sarebbe male.

mercoledì 13 giugno 2007

Friedrich

Il vento si alza, spinge il mare velocemente verso riva e sugli scogli, dove s’infrangono le onde più alte, con fragorosi rumori. L’aria si riempie di schiuma d’acqua e sale, sulla scogliera sta un uomo immobile, incantato dallo spettacolo di una natura forte e inesorabile, che spaventa, ma affascina.
Uno spettacolo che è sempre piaciuto anche a me. Per ammirarne uno simile, mi capita spesso, durante l’inverno, di andare nelle spiagge vicine, a guardare la natura mostrare la sua forza selvaggia. Ci vuole molto rispetto ed il giusto timore, per riuscire ad apprezzare, ma è un piccolo prezzo per tanto piacere.
Quando ho visto per la prima volta il quadro di
Caspar David Friedrich, quello nel template a sinistra del blog, credevo si trattasse di un uomo su una scogliera davanti ad un mare in burrasca, atmosfera che a me piace tantissimo, solo più tardi, saputo del titolo del dipinto, ho capito che si trattava di un “Viandante sul mare di nebbia”, appunto, ma non per questo smise di piacermi, anzi lo trovai ancora più interessante.
Mi piace guardare il dipinto e mettermi ad osservare il viandante davanti alle nebbie, per poi entrare nei suoi panni e guardare quel mare immenso.
Un viandante è un uomo che percorre la sua strada, che compie un viaggio, davanti a lui compare la nebbia che gli sbarra la strada, o meglio ancora, gliela cela agli occhi, perché la vita, diciamolo, è una donna che non ama farsi conoscere subito ma poco alla volta si svela, ma mentre l’altra meta del cielo sa anche perdonare, la natura mena di brutto se non sei preparato ad attraversarla.
Il viandante sta davanti alla nebbia carica di mistero e fascino, per certi versi inquietante, ogni passo fatto in avanti è un passo nel buio, che t’inghiotte e porta lontano da quello che conoscevi e vedevi, ma è un viaggio emozionante, fatto di scoperte personali, un viaggio dentro se stessi e le proprie paure. Si dice che un uomo che vuol conoscere se stesso deve prima conoscere ed affrontare le sue paure, incertezze, e non può farlo dalla distanza, se vuole risolvere i suoi problemi deve passarci in mezzo.
Alcuni uomini non sentiranno mai il bisogno di affrontare il proprio mare di nebbia, ma ci saranno quelli che dovranno farlo, e potranno scegliere tra l’andare avanti nell’incertezza ma verso una strada di comprensione, oppure restare al sicuro come gli uomini nella grotta di Platone senza conoscere la vera realtà.
Io scelgo di affrontare le nebbie e sempre sceglierò quella strada, ed il momento più emozionante che queste avventure sanno dare, è quell’istante che ci separa dal muovere il primo passo, quando davanti alla nebbia decidiamo di attraversarla.
Il dipinto di
Friedrich sembra descrivere quell’attimo.

Il più bello dei nostri mari













Conosco questa poesia da tempo, ignoro chi sia l'autore, so solo che è turco, ma rimane lo stesso molto bella da copiare sul blog.

"Il più bello dei nostri mari
non l'abbiamo ancora navigato,
il più bello dei nostri pensieri
non è ancora nato,
e i più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti".

sabato 9 giugno 2007

Kipling

Questa mattina sono tornato a casa molto tardi, ben oltre l’ora di pranzo, dopo aver lavorato tanto, ed ero cosi stanco che ho soltanto pensato a buttarmi nel letto. Guardavo la mia stanza, gli oggetti che ci sono dentro, così, senza un perché, ed i miei occhi si sono appoggiati ad un piccolo quadro giorno, con una cornicetta modesta. Mi è venuto subito da sorridere perché quel quadro mi segue da quando ero un ragazzino, sono venti anni che me lo porto appresso, appendendolo in ogni stanza che ho abitato.
Quando ho sentito per la prima volta, la tanto conosciuta poesia di Kipling, avevo sedici anni e mi piaceva tanto, poi un giorno l’ho trovata in una rivista, mi sono ritagliato la pagina e l’ho messa in un quadro giorno che da allora non mi abbandona mai, né il quadro, né la poesia e le cose che dice.
Ci vuole un lavoro umano enorme per riuscire ad essere un uomo com’è descritto da R. Kipling, ma sarebbe sbagliato, controproducente, seguire per filo e per segno quelle righe, anche se sono scritte da un grande artista, e possiedono un enorme pathos, ma se prendiamo da ciò che osserviamo, sentiamo, e leggiamo, come in questo caso, quel che riteniamo utile per noi, per diventare una persona migliore, che non si accontenta di ciò che eredita, e non n’è mai sazio di sapere, conoscere, divenire, per avere ogni giorno occhi nuovi con cui guardare il mondo, se si ha un ideale, una visione di sé, a cui tendere, allora questa poesia può dare delle indicazioni eccezionali, ed essere veramente utile.



“Se riesci a non perdere la testa quando tutti intorno a te la perdono
e ti mettono sotto accusa
Se riesci ad avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te
ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare
Se riesci ad aspettare senza stancarti di aspettare
o essendo calunniato a non rispondere alle calunnie
o essendo odiato a non abbandonarti all’odio
pur non mostrandoti troppo buono né parlando troppo da saggio
Se riesci a sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni
Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine;

Se riesci incontrando il trionfo e la rovina
a trattare questi due impostori nello stesso modo;

Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto,
distorte da furfanti che ne fanno trappole per sciocchi;

O vedere le cose per le quali hai dato la vita distrutte
e sai umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;

Se riesci a fare un solo fagotto delle tue vittorie
e rischiarle in un solo colpo testa o croce
e perdere e ricominciare da dove iniziasti
senza mai lasciarti sfuggire una sola parola su quello che hai perduto;

Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi a sorreggerti
anche dopo molto tempo che non te li senti più
e resistere quando oramai in te non c'è più niente
tranne la volontà che ripete resisti;

Se riesci a parlare con la canaglia senza perdere la tua onestà
o a passeggiare con i re senza perdere il senso comune;
Se tanto nemici che amici non possono ferirti;
Se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo;

Se riesci a colmare l’inesorabile minuto con un momento fatto di 60 secondi
tua e' la Terra e tutto ciò che vi e' in essa
e - quel che più conta - sarai un Uomo, figlio mio.”


IF di R. Kipling

mercoledì 6 giugno 2007

Domenica bestiale

Durante la settimana lavoro a contatto col pubblico, è un lavoro difficile ma che dà molte soddisfazioni.
Sono conosciuto in giro, benvoluto, e poi amo lavorare e questa piccola attività me lo permette alla grande.
Ho dei clienti veramente in gamba ma per dieci di loro trenta sono pesanti da digerire, parlano, parlano anche quando farebbero meglio a stare zitti, alcuni sono tanto maleducati e ignoranti, ( che ignorano il rispetto altrui), e quando sono molti non sanno stare fermi e cominciano a brontolare, spazientiti, e vogliono essere serviti velocemente perché hanno tante cose da fare, ma poi una volta fuori del locale, si fermano ore a parlare col primo che capita, e pensare quanta fretta avevano… ma con sei giorni di questa confusione è normale che quando chiudo voglia trovare un poco di calma?! Si, è normalissimo.
Allora, la domenica che non lavoro, mi alzo presto e filo dritto, dritto, coi miei genitori, nella casa di montagna.
La casa non è niente d’eccezionale, ma c’è un bel panorama, silenzio, vicini, non troppo vicini, e comunque, gente tranquilla, tanto posto per correre, farsi una passeggiata, stare bene insomma.
La mia domenica non comincia in montagna ma al mare, in una spiaggia con l’acqua talmente trasparente da non essere mai sicuri di essere lì dentro o nella spiaggia.
Poco dopo mezzogiorno, saluto gli amici e raggiungo la montagna, perché voglio essere io a cuocere l’arrosto.
Dopopranzo un po’ di parole crociate e le mie letture, con lo sdraio sotto il mio albero preferito, quando il sole è meno forte, salgo sulla mountain bike, accendo il lettore mp3, e mi faccio un bel giro rilassante, senza sforzi. Infine, mi scarico di un po’ di tensioni in maniera positiva, allenandomi col sacco da boxe.
Una doccia, visita ai vicini, partita a carte, qualche chiacchiera, due risate, e quando il sole comincia a calare, mi dedico alla cosa che preferisco di più in questo periodo, le lunghe passeggiate a piedi nudi nel ruscello. In quei momenti le mie pile si ricaricano, e torno veramente come nuovo.

domenica 3 giugno 2007

Equilibrio stabile

Stavo pensando alla canzone di Battiato, "cerco un centro di gravità permanente", e mi dicevo quanto sarebbe bello se avessi un centro di gravità permanente, ma non è veramente così.
Vorrei avere una risposta perfetta, per ogni dubbio, incertezza, che non mi faccia mai vacillare, sbagliare una scelta, frase, comportamento, ma rimanere ben saldo sulle gambe davanti a tutte le difficoltà.
In realtà, spero di non trovare mai quella risposta, non voglio un centro di gravità permanente, perché non so che farmene di un equilibrio stabile.

Voglio rimanere uno che ha paura di sbagliare e sbaglia, che a paura di cadere e cade, che da spazio ai suoi dubbi, che sarà sempre in cerca del meglio per se e non si accontenterà mai.
Voglio bene al mio caos, anche se qualche volta mi fa soffrire, ma lì, oltre i turbamenti, ci sono la mia ricchezza d’interesse, d’idee, di pensieri incerti ma veri, carichi d’emozioni e pulsioni creative, e sono queste vertigini che mi fanno sapere che sono vivo.
Certo, non lascio che il mio caos mi faccia cambiare mille volte idea, con la scusa che la coerenza è rigidità, ma penso sia necessaria una certa flessibilità nel rispondere alle domande che la vita mi pone. Mantengo una buona continuità di pensiero tra una scelta e l’altra, e questa è una buona cosa, conservo ciò che reputo buono e che diverrà parte del mio patrimonio personale, e anche questo va bene, ma và ancor meglio quando lascio che la risposta non sia sempre la stessa, facendo in modo che si aprano dentro di me altri modi di vedere il mondo, perché quello cambia, e bene o male che mi vada, continuerà a farlo sempre.

venerdì 1 giugno 2007

Principi e principesse

Flalia, nel suo blog Ali d’argento, si chiede se noi uomini, da bambini, abbiamo mai pensato di diventare dei principi azzurri che un giorno sarebbero corsi coraggiosamente a salvare le nostre principesse.
La domanda era molto appassionante e mi mandava piacevolmente indietro nel tempo, ed alla fine, ho pensato di scrivere un piccolo post, con i pensieri che la sua domanda ha prodotto nella mia testa.


Quante volte, giocando da bambino, ho gridato “ti salvo io”, tenendo in mano un pericolosissimo stura lavandino.
Ricordo, si, ricordo molto bene, non sognavo mai di essere un principe azzurro, ( troppo perfetto, pulito, effeminato. Puah!), o ero un guerriero, o un generale, un pirata, etc, ed il mio duro cuore si scioglieva nel vedere in pericolo la mia donna, e suonando la carica, con gran coraggio, la salvavo da temibili nemici.
Ad essere onesto, altro che quando ero bambino, ancora ora, tra un pensiero e l’altro, capita di fantasticare un piccolo salvataggio, per ricevere il sorriso di una donna, di quelle con la D maiuscola. Mi capita di immaginare di soccorrerle anche per una piccola cosa come cambiare una ruota, perché lei ha bucato con la macchina in una strada buia, etc, ( se conoscete la canzone “voglio farti innamorare tanto” degli 883, capirete cosa voglio dire).
Si, è vero, anche alla mia età ogni tanto ci rincogli**amo un po’ con queste fantasie, ma il vero problema di soccorrere una ragazza ora non sono i nemici che immaginavamo ieri, alieni, scienziati pazzi, draghi, etc, etc, il problema ora è salvarle da se stesse, e come cavolo si può fare a trovare tanto coraggio?! Ma no, scherzo, rimanete delle sognatrici, donne, non siete mai tanto belle come quando sognate. L’unica cosa in cui dovete stare attente l’avevo sentito dire proprio ad una donna, “non costruite un uomo con la fantasia per poi demolirlo a colpi di realtà”!