mercoledì 27 giugno 2007

Paternità, atto primo

Ho tre sorelle, più piccole di me. Le due più giovani, anni fa, sono partite in Inghilterra a lavorare, dovevano starci qualche mese, ma i buoni lavori trovati le hanno convinte a restare.
Oltre tre anni fa R, la più piccola, è rimasta incinta, la gravidanza si faceva difficile, aveva, difficoltà a spiegare in inglese i suoi problemi, e poca gente disponibile a darle una mano, i ritmi di lavoro sono pazzeschi lì, allora, in accordo col suo ragazzo inglese, hanno deciso di stabilirsi in Italia, da noi, dalla sua famiglia, fino a superare il peggio, avevano 21 anni entrambi.
R ha passato una pessima gravidanza, le siamo stati tutti vicini, sopportando anche i suoi comprensibili, nervosismi, tranne il ragazzo, no, lui è scappato, schiacciato da troppa responsabilità, poca personalità, e dalla propria madre, cattiva consigliera, che lo cercava in continuazione, con apprensione, chiedendogli di tornare da lei, anche se questo avrebbe voluto dire abbandonare il neonato.
Mia sorella è rimasta in Italia, mentre il padre del piccolo correva via in Inghilterra per non farsi mai più vedere, allora, noi, per levarle un po’ di questo peso, ci siamo tutti impegnati, circondando lei, ed il nostro piccolo nipote, di tanto affetto.
Così mi sono ritrovato vice Padre di mio nipotino, diventato poi figlioccio.
La prima volta che me l’hanno dato in braccio, tremavo, era così piccolo ed io pensavo d’essere troppo maldestro, non mi fidavo di me, ma pian piano ho preso sempre più confidenza, ed alla fine, per i primi due anni, siamo cresciuti insieme, tra fiabe, Teletubbies, piccoli e grandi giochi, lui bambino, io come adulto dai tanti ruoli.
R, abituata a lavorare, era infelice qui in Italia, non riusciva a trovare un posto di lavoro, e così che è nata la sua decisione di ripartire, il bambino aveva compiuto due anni, era abbastanza grande, e senza possibilità di scelta li ho visti andar via.
Ormai è più di un anno che sono partiti, loro stanno bene, questa è sicuramente la cosa più importante, vengono, e continueranno a ritornare qui, spesso, spessissimo a dire il vero, ma non basta per non sentire la mancanza di mio nipotino.

Mi manca essere genitore, non lo ero, ma quel ruolo a cui ci prestavamo noi, tutta la famiglia, per compensare il vuoto lasciato dal padre, mi piaceva, nel bene e nel male, come quando lo rimproveravo, o con me entrava a fare i vaccini, dal pediatra, con la febbre, la gastroenterite, anch’io lo lavavo, cambiavo, coccolavo, disinfettavo i suoi graffi, e piangeva, stringendomi il cuore, ma lo rassicuravo senza mostrargli alcun’incertezza, non avevo molta grazia nel fare le cose, ma si addormentava nelle mie braccia.

Mi manca il suo naso, il modo di ridere, il suo profumo, le sue piccole scarpe vicino alle mie, le sue domande, l'entusiasmo, le sue parole, incerte come i suoi passi, le sue conquiste. Mi manca averlo in mezzo ai piedi ogni giorno, come quando tornavo dal lavoro e lo trovavo ad aspettarmi, per poi vederlo lanciarsi sopra di me, ed abbraccio dopo abbraccio, aggrappandosi alla mia roba, mi arrivava fino al petto e si stringeva alla mia faccia, indicandomi la cucina ed i piatti pronti.

Stanno bene, benissimo, mia sorellina ha ritrovato un po’ di serenità, anche da come mi parla al telefono capisco che è molto più serena, N ha molti amici, frequenta le scuole materne, ha la possibilità di uscire in molti posti diversi, zoo, parchi vari, ecc, che qui non abbiamo, chiede spesso dell’Italia, ma va bene, va bene così, e lo dico sinceramente convinto, non voglio che tornino, per vedere mia sorella dispiaciuta come quando stava qui, se lei è soddisfatta sta bene anche mio nipotino.